Colpo di scena nelle indagini sull’omicidio di Saman Abbas.

Il fratello della 18enne pachistana, morta nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, passa da fondamentale testimone a potenziale indagato per concorso nel delitto. Tutte le dichiarazioni rilasciate sin qui dal ragazzo diventano così inutilizzabili, mettendo a rischio gran parte del quadro accusatorio contro i genitori, lo zio e i due cugini.

La svolta è arrivata con una lunga e articolata ordinanza letta dalla presidente della Corte di assise di Reggio Emilia Cristina Beretti, all'inizio dell'udienza dove era programmata proprio l'audizione del giovane per la prima volta a confronto visivo col padre e lo zio.

I giudici hanno concesso tempo alla difesa fino all'udienza di martedì 31 ottobre, quando il 18enne deciderà se avvalersi, come ora è suo diritto, della facoltà di non rispondere. L'ordinanza della Corte è stata già trasmessa alla Procura per i minorenni di Bologna (competente perché nel 2021 il ragazzo aveva 16 anni), che farà le proprie valutazioni.

Erano state le difese degli imputati, nella scorsa udienza, a sollevare il problema e la Corte ha condiviso alcune delle loro osservazioni. In pratica i giudici hanno sottolineato che quando il ragazzo è stato sentito come persona informata dei fatti, il 12, 15 e 21 maggio 2021, doveva essere assistito da un difensore, perché in quel momento indagato dalla Procura minorile per l'ipotesi di violenza privata (costringere la sorella a tornare in Pakistan): quei verbali non sono validi.

Inutilizzabili sono anche le dichiarazioni fatte nell'incidente probatorio del 18 giugno. Tre giorni prima l'accusa era stata archiviata, ma, secondo i giudici dell'assise, non sono stati adeguatamente approfonditi elementi a suo carico, già presenti, che avrebbero dovuto portare, anche a sua garanzia, ad iscriverlo nel registro degli indagati per il procedimento principale, cioè per omicidio.

Questi elementi emergevano dalle sue stesse dichiarazioni e dalle intercettazioni. Fu lui, per esempio, a mostrare ai familiari, pur sapendo quello che stavano programmando, i messaggi e le chat tra Saman e il fidanzato, da cui sarebbe scaturita la lite finale. Fu sempre lui a riferire che lo zio gli disse di rientrare in casa, quella sera, per non essere ripreso dalle telecamere. Andava indagato, insomma, quanto meno cautelativamente.

Le difese degli imputati hanno accolto con soddisfazione la decisione dei giudici, dal momento che il ragazzo è il principale accusatore: fu lui a dire che lo zio Danish gli confessò di aver strangolato Saman e che c'era stata una riunione tra i parenti per pianificare il delitto.

(Unioneonline/D)

© Riproduzione riservata