Intitolare una strada pubblica a Giorgio Almirante significherebbe celebrare non solo la sua persona, ma anche il fascismo. E questo "non può né deve accadere".

È quanto evidenziano Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Comunità ebraica di Torino in una lettera inviata al sindaco Gianfranco Cuttica di Revigliasco e ad alcune tra le principali cariche istituzionali (tra cui prefetto e questore) di Alessandria.

L'intervento congiunto, a firma dei presidenti Noemi Di Segni e Dario Disegni, arriva dopo il via libera della Commissione toponomastica alla proposta del presidente del Consiglio comunale Emanuele Locci di intitolare una via all’ex leader dell’Msi.

"Riteniamo preciso dovere civile – scrivono i due presidenti –  sollevare la nostra voce per impedire quell'intitolazione perché la Città di Alessandria, insignita della Medaglia d'oro al valore militare per i meriti avuti nella Resistenza al nazifascismo, non merita che una delle sue strade porti il nome di un uomo di cui s'intende celebrare la memoria, ma di cui non si ha memoria".

"Non possiamo dimenticare - si legge ancora - che Almirante, già redattore capo di ‘Il Tevere’, quotidiano fascista diretto da Telesio Interlandi, e di ‘Difesa della razza’, capo Gabinetto del Ministero della Cultura popolare della Repubblica di Salò, nel 1947 venne deferito alla Commissione Provinciale della Questura di Roma per l'acceso fanatismo dimostrato sotto il passato regime e per le iniziative di esaltazione del ventennio e di propaganda di principi sovvertitori delle istituzioni democratiche".

Si aggiunge poi: "Non possiamo dimenticare che nel 1947 Almirante fu condannato per collaborazionismo con le truppe naziste, tanto che nei suoi confronti fu emesso provvedimento di confino di polizia, che nel 1958 fu denunciato dalla Questura di Trieste per 'Vilipendio degli organi Costituzionali dello  Stato', che nel 1971 il Procuratore della Repubblica di Spoleto chiese alla Camera l'autorizzazione a procedere nei suoi confronti per i reati di 'Pubblica Istigazione ad Attentato contro la Costituzione' e 'Insurrezione Armata contro i Poteri dello Stato' e nel 1972 il Procuratore di Milano, Bianchi D'Espinosa, chiese l'autorizzazione a procedere per tentata ricostituzione del Partito fascista".

Nella lettera viene inoltre evidenziato: "Non possiamo dimenticare il Manifesto lanciato il 17 maggio 1944 agli sbandati e agli appartenenti alle bande che 'dovranno presentarsi a tutti i posti militari e di Polizia Italiani e Germanici entro le ore 24 del 25 maggio. Tutti coloro che non si saranno presentati saranno considerati fuori legge e passati per le armi mediante fucilazione nella schiena'"'.

Per poi sottolineare: "Non possiamo infine dimenticare quanto scritto da Almirante su ‘La Difesa della Razza’ il 5 maggio 1942: 'Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri. Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei. Non c'è che un attestato col quale si possa imporre l'altolà al meticciato e all'ebraismo: l'attestato del sangue'".

Vita, scelte, valori e azioni di Almirante - si ricorda in conclusione - "non sono stati né durante il fascismo, né durante la Repubblica, testimonianza di sviluppo e progresso civile, necessari per una società degna di questo nome".

Un eventuale oltraggio che la città di Alessandria, "per l'eroica lotta ingaggiata dalla sua popolazione contro il nazifascismo durante gli anni bui della guerra e per il tributo pagato dagli ebrei alessandrini, venticinque dei quali, su una popolazione di 245 ebrei presenti in città, arrestati dai nazifascisti, finirono nei campi di sterminio e non tornarono più alla vita", non merita. 

(Unioneonline/F)

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