Il primo dente avvelenato, a Danilo Canu, è venuto quando ha scoperto che la sua Sardegna, nella messa in onda, non veniva mai citata

Ma non è l’unica cosa che è andata storta allo chef 33enne originario di Nurachi che ha partecipato all’ultima stagione di 4 ristoranti - il popolare contest targato Sky guidato da Alessandro Borghese – nella puntata dedicata al miglior ristorante di pesce a Milano. In cui si è classificato ultimo, dietro a Da Giulia, al T4 Bistrot Experience e a El Pecà. Un’esperienza che è partita bene e si è conclusa come un incubo, non tanto per l’ultimo posto ma per le minacce degli hater, che non hanno apprezzato i suoi commenti al vetriolo, rivolte persino ai figli bambini. 

Canu di ristorazione se ne intende, e parecchio. Nato in Sardegna, è emigrato con la famiglia a Milano fin da bambino ed è cresciuto tra fuochi e fiamme: mamma e papà sono i titolari di Baia Chia, ristorante di cucina sarda in zona Lambrate. «È qui che ho imparato tutto, dalle paste fresche ai filindeu fino ai ravioli, e ho capito che la cucina sarebbe diventata la mia vita», racconta.

A 23 anni si è messo in proprio e ha aperto Shannara 2 Da Danilo, elegante locale nel cuore di Milano vicino a Piazzale Lodi. Dove è il pesce a farla da padrone: «Non è un ristorante regionale, ma è pieno di influenze sarde: il pane carasau, la bottarga, i dolci, il miele, il sale. E ovviamente la selezione dei vini».

Come ha reagito quando si è palesata la possibilità di partecipare a Quattro ristoranti?

«Ero contento della sfida anche se non sono mai stato un amante delle telecamere. La più brava nella comunicazione è mia moglie, che lavora con me nell’accoglienza dei clienti».

Non poteva giocare lei?

«No perché era incinta. Non poteva bere né mangiare determinate cose. Poi sono io quello che si occupa della cucina e delle materie prime». 

Come si è preparato?

«Non avevo una strategia particolare, e si vede. Ho sempre parlato liberamente, senza paletti e con sincerità. E ne ho pagato il prezzo. E pensare che i primi due giorni è stato quasi divertente...».

Divertente?

«Sì, con gli altri concorrenti eravamo in buoni rapporti. Poi è salita la competizione e le cose, almeno dal mio punto di vista, sono cambiate».

Il suo ristorante è stato l’ultimo a gareggiare. Si è sentito penalizzato?

«Quando sei l’ultimo i giochi ormai sono fatti e gran parte dei voti è stata già data. Non era più un “giochiamocela e facciamoci pubblicità” ma “adesso te la faccio pagare”. Eppure le mie osservazioni erano semplici e anche giuste: il tonno che veniva venduto come italiano e non era vero, il “king crab” cotto a bassa temperatura che invece era un blocco congelato di granchio… Alla fine ho raccolto tutto l’astio. Non ero neanche molto in forma, dopo quattro giorni di riprese ininterrotte, e ho avuto meno tempo di prepararmi al confronto finale».

Uno dei momenti più delicati della puntata è una sorta di scampo-gate…

«Sì, un concorrente ha detto di aver trovato l’intestino in uno scampo. Ero sicuro che non fosse possibile e ho detto che le telecamere lo avevano immortalato mentre toglieva quella parte nera dalla testa. Era una provocazione ed ero stato istigato. Quando mi sono reso conto di aver esagerato ho chiesto scusa e gli ho rifatto il piatto. Ma in puntata non si vede. Veniamo tutti fuori come delle caricature: la divertente, il diplomatico, il cattivo e il rompiscatole. Cioè io».

Si aspettava un punteggio così basso al confronto finale?

«Sapevo che l’avrei pagata ma quando ho scoperto di aver ricevuto ben tre zeri mi sono cadute le braccia. Sentire giudizi negativi sugli anemoni da chi non ha mai mangiato anemoni… mi ha ferito. Da sardo, sono stato punto nel vivo. Ho dodici fornitori di pesce, so di cosa parlo».

Ha avuto da ridire sul montaggio della puntata?

«No perché capisco che in televisione lo scontro funziona. Però la gente che guarda dovrebbe sapere che quella non è la realtà, che dietro c’è una precisa regia».

E non tutti lo sanno. 

«Dopo la prima messa in onda sono stato sommerso da chiamate anonime, insulti sui social, recensioni devastanti. Io sono aperto a ogni tipo di critica, purché sia costruttiva e fatta da chi viene a provare di persona la mia cucina. Quello che non mi aspettavo erano le minacce, gli attacchi violenti ai miei figli piccoli. Una vergogna».

Ci sono state ripercussioni anche sui conti del ristorante?

«Per fortuna no, anzi: va meglio di prima. Al nostro pacchetto di clienti affezionati se ne sono aggiunti tanti altri. Persone intelligenti che hanno capito quanto lavoro c’è dietro, che non sono un maleducato che tratta male gli altri. E soprattutto che il pesce migliore ce l’ho io».

E Borghese?

«Un grande professionista del settore, persona molto educata e gentile».

Insomma, è un’esperienza che rifarebbe?

«Senza dubbio. Sarei però un po’ più furbo e meno sincero nei giudizi». 

Ha mai pensato di aprire un ristorante in Sardegna?

«Domandona a cui rispondo così: mai dire mai». 

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