La guerra è santa. In ballo ci sono Re, Marchesi, Feudi e chiudende. E poi c’è l’assessorato all’agricoltura della Regione autonoma della Sardegna. Cinquecentodiciassette anni di carte, editti e regi decreti, leggi fasciste e regolamenti attuativi. Dopo mezzo millennio di carte scritte e normate, cessioni e diritti antichi, su Villasimius, e non solo, si sta per abbattere l’onta burocratica della Regione sarda. La sintesi è semplice, molto più intricata è, invece, la storia di questo lembo di Sardegna votato al turismo a cinque stelle e adesso, di punto in bianco, con un atto regionale costretto al ritorno al passato, ai tempi dei pascoli collettivi e degli usi civici. In poche parole, secondo la Regione, gli alberghi più rinomati di quella costa sono destinati ad essere cancellati. Insieme a ville e lottizzazioni dovranno rientrare nella disponibilità degli usi civici.

Catastrofe economica

Una catastrofe giudiziaria, economica e non solo. Con una libera interpretazione delle norme l’Assessorato regionale dell’agricoltura, «Servizio affari legali, controllo enti e Usi Civici» della Regione ha risuscitato l’antico istituto dell’uso civico su una quantità smisurata di terreni nel Comune di Villasimius.

Alberghi a rischio

Con una determinazione regionale, datata 24 febbraio 2005, dell’assessorato regionale dell’Agricoltura, ritornata in auge in questi mesi, si afferma che le terre di Villasimius, dove sono stati costruiti i più importanti alberghi della costa, da Capo Boi a Campu Longu, da Punta Carbonara a Notteri , devono essere acquisiti al patrimonio comunale, destinazione usi civici. Lo longa manus di viale Trento su quelle aree rischia di avere ripercussioni inimmaginabili. Il Comune di Villasimius, se fosse costretto ad applicare quella disposizione regionale, è destinato finanziariamente a saltare per aria, devastato da risarcimenti milionari rivendicati da chi ha costruito case e alberghi in aree che riteneva a tutti gli effetti di sua proprietà, con tanto di atti di vendita e autorizzazioni edilizie rilasciate dallo stesso Comune.

(L'Unione Sarda)
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Resa dei conti

La resa dei conti è stata appena fissata. Con un atto del 20 luglio scorso il Commissario per gli usi civici della Sardegna ha convocato per il 29 ottobre prossimo l’udienza delle udienze, quella per decidere se gli alberghi di Villasimius, ricadenti all’interno di quelli che la Regione considera usi civici, dovranno davvero sgomberare da quelle terre, con danni incalcolabili, sia finanziari che economici, con migliaia di posti letto e di lavoro cancellati con un colpo di spugna. La partita è tutta documentale.

(L'Unione Sarda)
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Storia scritta

E, per la prima volta nella storia “scritta” della Sardegna, il Comune di Villasimius ha deciso di mettere mano agli archivi di Stato, da quelli del Re di Spagna a quelli del Regno di Sardegna, passando per gli atti parlamentari e gli atti notarili. L’incarico lo ha affidato a due legali esperti, Stefano Ballero e Edoardo Spinas. Sono loro che hanno spalancato gli scaffali del diritto di proprietà di quei terreni degli ultimi cinquecento anni per presentare un ricorso enciclopedico che scrive la storia dell’antica borgata di Carbonara, divenuta l’undici luglio del 1853 Comune autonomo e nel 1862 l’odierna Villasimius. Una ricostruzione che smonta con una chirurgica precisione giuridica l’atto della Regione che vorrebbe cancellare alberghi, urbanizzazioni, lottizzazioni e residenze.

Comune in guerra

Il Comune di Villasimius, nonostante l’atto della Regione sia del 2005, ha dovuto metter mano nei giorni scorsi alla guerra degli usi civici proprio perché tra quelle aree gravate dal vincolo, secondo la Regione, ci sarebbe anche il campeggio comunale di Campulongu, a ridosso della Spiaggia del Riso, uno dei luoghi più rinomati dell’intero litorale. Il Comune vorrebbe affidare la gestione della struttura pubblica e da sempre ritenuta “bene patrimoniale” attraverso una gara. Tutto questo, in base a questa determinazione regionale, è di fatto impedito. Stessa problematica riguarda il poligono di tiro, oggi affittato a dei privati.

Avviare il recupero

E, poi, sempre in base agli atti della Regione, il Comune - è scritto nel ricorso - «dovrebbe dare avvio ai procedimenti amministrativi per il recupero dei beni che la Regione ritiene essere gravati da uso civico». Un atto che aprirebbe uno scenario inimmaginabile: «E’ evidente – scrivono i legali – che l’amministrazione comunale si troverebbe, parafrasando la sentenza della Corte Costituzionale n.511 del 1991, “esposta al rischio di vedersi citata in giudizio, ai sensi dell’art.1338 del Codice Civile, con una domanda di risarcimento” per i danni sofferti dall’acquirente che in buona fede aveva confidato nella bontà dell’acquisto». A vendere quei terreni, infatti, fu proprio il comune di Villasimius che, certo della proprietà a pieno titolo di quelle aree, senza alcun vincolo, cedette con atti notarili quelle superfici a coloro che oggi si ritengono, anche loro a pieno titolo, i legittimi proprietari. Adesso, secondo la determinazione della Regione, impugnata dal Comune di Villasimius, il Sindaco dovrebbe far sgomberare alberghi e ville e riacquisire quelle aree.

Gli hotel a rischio

Tra le aree che la Regione ha individuato come gravate da usi civici, e quindi da restituire, ci sono interi alberghi, primo fra tutti lo storico hotel Stella Maris nella spiaggia di Campulongu, una porzione del rinomato Timi Ama, e poi le lottizzazioni tra lo stesso Timi Ama e il Tanka Village, per finire con una parte del resort di Capo Boi.

(L'Unione Sarda)
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Centinaia di milioni

Se il Comune agisse si troverebbe immediatamente citazioni per danni per centinaia di milioni di euro, con bancarotta sicura per i conti pubblici. La partita è grossa. E non riguarda solo Villasimius. In ballo ci sono decine e decine di località in tutta la Sardegna a rischio “restaurazione”. Ed è per questo motivo che il ricorso del Municipio costiero è, a tutti gli effetti, una pietra miliare nella vicenda degli usi civici in Sardegna, un tema molto spesso gestito sul piano ideologico piuttosto che su quello del diritto.

Ricorso titanico

Le ventidue pagine del ricorso, e le centinaia di atti degli archivi di Stato, costituiscono non solo uno spaccato giuridico puntuale ma ricostruiscono la storia dell’Isola, dalla nascita del Regno di Sardegna al diritto di proprietà, sino alla potestà nel governo del territorio. Una storia tanto intricata quanto affascinante che rimette in ordine i tasselli di vicende molto spesso capaci di scatenare guerre intestine e non solo. In ballo ci sono editti e feudi, ma anche la dimostrazione, che emerge in tutti gli atti proposti al giudizio del Commissario degli Usi civici, del ruolo da protagonista dei Comuni, chiamati non a gestire i terreni comunali con limiti e vincoli, ma come patrimonio libero dove esercitare la piena proprietà, funzionale molto spesso alla creazione di sviluppo e occupazione. Una storia iniziata l’otto novembre del 1504 con il “dono” di quei terreni da parte del Re di Spagna ai Marchesi di Quirra. Sino all’interpretazione dell’assessorato dell’Agricoltura. E siamo solo al primo capitolo di una storia surreale di burocrazia.

L'editto delle chiudende che affronta la questione di quelle terre (L'Unione Sarda)
L'editto delle chiudende che affronta la questione di quelle terre (L'Unione Sarda)
L'editto delle chiudende che affronta la questione di quelle terre (L'Unione Sarda)

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