Se i motori di ricerca sono un indicatore attendibile, allora l'estate 2017 è proprio da incorniciare per l'industria delle vacanze in terra sarda.

Difficile trovare una camera libera, nel firmamento delle 4 o 5 stelle, nel terzo weekend di settembre. Non di agosto, di settembre.

Baciata da sempre dalla natura e in tempi più recenti dalle disgrazie altrui (sulla sponda più a sud del Mediterraneo), la Sardegna-isola-delle-vacanze si prende gioco persino di un handicap grande come i trasporti.

Arrivare, dalle nostre parti, costa soldi, sacrifici e pazienza, ma mai come quest'estate non è stato un problema, così come spendere migliaia di euro in un hotel nemmeno tanto celebrato per una settimana o anche solo per qualche notte. Banalità a buon mercato, certo, più o meno come la soddisfazione, diffusa tra i nostri politici, di aver raccolto dopo la semina.

Sì, qualcosa si è mosso negli ultimi anni per promuovere di più e meglio il nostro appeal innato, anche grazie a imprenditori seri che hanno creduto e investito nella comunicazione. Ma siamo e restiamo all'abc. E stremati dalle contese su sanità e urbanistica, ci distraiamo su temi fondamentali come insularità, lotta alla burocrazia, trasporti (anche interni) e, priorità delle priorità, Sardegna isola del turismo tutto l'anno. Il segno più di quest'anno sposterà poco in un settore ancora molto lontano dal 10% del nostro Prodotto interno lordo.

Triplicare il Pil nei prossimi anni è possibile, magari contando su una regia regionale che faccia fare rete ai nostri aeroporti e alle nostre banchine.

Regia che sappia dimostrare, con meno parole e più concretezza, che con la cultura si può mangiare. Nell'attesa, sappiamo già che quando, tra qualche settimana, ascolteremo trionfalistiche conferenze stampa su un 2017 da incorniciare, quegli alberghi proprio oggi strapieni saranno chiusi. Aspettando un'altra estate e nuove disgrazie altrui.
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