Rivisitare la Sardegna: la sfida di una coppia che vende "bottinos" nel mondo
“Pretziada”, nel senso di “preziosa”, è il nome che Ivano Atzori e sua moglie Kyre hanno scelto per la propria azienda. Sede a Santadi, da due anni vende in tutto il mondo. Non semplici produzioni tessili, ma nel rispetto della tradizione della Sardegna, col recupero della storia, dei tessuti e delle lavorazioni che nascono dal passato dell’Isola.
Lui è cresciuto a Milano, lei è californiana di San Diego. Dopo una tappa a New York e in Toscana, la decisione di stabilirsi nel Sulcis, “lontani il più possibile dal contesto urbano”. Qui nasce un progetto che coinvolge non solo la moda, ma l’arte nei suoi diversi aspetti.
Tra gli oggetti che destano curiosità sul mercato - anche oltreoceano - ci sono i Bottinos, gli scarponcini usati in campagna: “Da piccolo, quando da Milano tornavo in vacanza al paese di mio padre, a Is Aios, vicino a Nuxis, li vedevo ai piedi di mio nonno e di tutti i parenti maschi”, ricorda Ivano. E da lì l'ispirazione.
Perché riproporli come oggetto di moda?
“La scelta di produrre un oggetto nasce innanzitutto dal desiderio di averlo, e i bottinos per me sono sempre stati una costante. Molte persone li vogliono: abbiamo richieste da architetti milanesi, creativi americani, professionisti di varie nazionalità. Si tratta di un prodotto iconico, un pezzo di moda sì, ma che non segue le stagioni”.
Dove vengono realizzati?
“Il desiderio era quello di produrli in Sardegna, ma non è stato possibile. Per quanto possiamo, produciamo nell’Isola, ma esiste un vero e proprio limite in questo settore. Per non bloccare il nostro progetto, dobbiamo realizzarli in Toscana, rispettando rigorosamente la loro storia, e li vendiamo a Cagliari come a Los Angeles”.
I sardi, secondo voi, apprezzano la scelta di recuperare i bottinos?
“Noi proviamo a essere fedeli alle tradizioni, questo è il punto centrale di tutta la nostra produzione. Quindi sì, crediamo che i sardi apprezzino il nostro sforzo”.
È una scelta costosa?
“L’artigianato sardo deve costare molto: chi acquista non compra solo l’oggetto, compra anche la sapienza, il tempo impiegato per costruire l'oggetto, la storia che l’artigiano si porta dietro magari dai suoi avi. Per esempio, il ceramista non vende solo argilla, ti dà la sua esperienza. Questo è il messaggio che ancora in Sardegna non è partito: l’artigianato, quello vero, non può e non deve essere economico”.
La vostra ispirazione si rifà alla cultura sarda in senso storico-culturale, folkloristico o ambientale?
“Gli abiti tradizionali spesso vengono criticati con un: ‘Questo e quello non fanno parte della tradizione’, ma noi pensiamo che tutto ciò che esiste in Sardegna e che riguarda artigianato, architettura, e anche agricoltura non sia altro che il risultato di stratificazioni e influenze di vari popoli. La produzione ‘pura’ non esiste. Noi però prendiamo molto sul serio il rispetto di ciò che è tradizione, anche se è giusto che ci siano delle evoluzioni, per non morire”.
Ma i turisti forse vogliono anche le cose "di sempre".
“Probabilmente, ma non affossiamoci per accontentare loro. Siamo sardi, sì, ma esiste anche un futuro. L’immaginario folk non deve prevalere, e i tentativi di riproporlo devono essere fatti nel modo giusto”.
Qual è il “pezzo forte” della vostra collezione?
“Tutto, ogni prodotto ha il suo pubblico, abbiamo riscontri su vari oggetti, e introduciamo periodicamente cose nuove”.
L’ultimo arrivato?
“Un coltello del sud Sardegna, artigianato del Sulcis, realizzato con il manico in legno di ginepro, non in corno. L’altra novità riguarda anche la forma della lama”.
La produzione è tutta vostra?
“Abbiamo un entourage di artigiani e creativi: ognuno con un compito diverso e ognuno con esperienze che arrivano dalla Sardegna ma non solo”.
Avete un punto vendita o vendete solo online?
“Per ora non abbiamo un punto vendita fisico: se sarà, in futuro, ci piacerebbe che fosse in Sardegna, magari anche uno store temporaneo o un’esposizione inserita in un’installazione”.
Altri progetti?
“Siamo impegnati non solo nel settore della moda e dell’artigianato, ma anche in altri ambiti: ora stiamo lavorando su un cortometraggio, che riguarderà sempre la Sardegna, ma che metta in luce alcune contraddizioni e ne dia anche una spiegazione. Che c’è sempre. E poi qualcosa sull’architettura, per riscoprire i bellissimi palazzi di Cagliari, spesso poco conosciuti dagli stessi cagliaritani”.
Sabrina Schiesaro
(Redazione Online)