Una prima coltellata inferta mentre la vittima era di spalle, poi altre nove per portare a termine il disegno omicida e placare la furia assassina. Giorgio Caria è stato massacrato nel pomeriggio del 24 marzo 2015 nell'abitazione di campagna a Funtanamarzu e da allora l'identità del responsabile è rimasta avvolta nel mistero. Da qualche mese però Procura di Cagliari e polizia di Iglesias hanno messo gli occhi addosso ad alcune persone che frequentavano il giovane ammazzato: quattro uomini che il pm Danilo Tronci sospetta, al momento, possano aver compiuto quel terrificante fatto di sangue e che sono accusati di omicidio volontario. Sono Andrea Cuccu, 47 anni, Alessandro Furia, 30, Marco Congia, 40, e Antonio Frau, 50, tutti di Iglesias.

L'INDAGINE - Si tratta di amici, conoscenti e comunque persone che avevano rapporti abituali con Caria, e c'è una pista precisa che ha spinto gli investigatori ad approfondire la loro posizione. Nelle ore successive al delitto, mentre gli agenti erano alla ricerca di indizi utili alle indagini, erano state trovate tracce di sangue che le analisi avevano escluso appartenessero alla vittima. Dunque, logica conseguenza, dovevano essere del killer il quale, nella concitazione, si era forse distratto, lasciando un'impronta che poteva rivelarsi decisiva per individuarlo.

Non solo: la mattina seguente il cellulare della vittima era stato trovato in possesso di Cuccu, scoperta che all'apparenza aveva aperto un'autostrada agli inquirenti verso la soluzione del delitto. Ma l'uomo aveva sostenuto di aver ricevuto il telefonino da Congia. Questi a sua volta aveva negato. Uno dei due mente: chi? Ancora: Furia aveva un giubbotto con le frange sul quale era stato trovato il sangue di Caria e di chi presumibilmente lo aveva ucciso. "L'ho trovato in un cassonetto", la sua giustificazione, ritenuta poco credibile dagli inquirenti. In seguito poi il confronto tra il Dna estratto dalle tracce ematiche sconosciute e da quello degli indagati aveva dato esito negativo. Non era loro. Di nuovo un vicolo cieco.

LA RICERCA - Il responsabile ha mostrato finora di sapersi muovere bene. La notte stessa del delitto era tornato nell'abitazione alla periferia della città per pulire tutto. Adesso i carabinieri del Ris (il reparto investigazioni scientifiche), la polizia scientifica e gli esperti dell'Università di Cagliari stanno portando avanti una ricerca su larga scala a Iglesias per comparare il Dna nelle loro mani con quello del maggior numero possibile di residenti, nell'attesa (e nella speranza) che emerga qualche compatibilità.

IL MOVENTE - Resta incerto anche il movente. Caria aveva avuto qualche piccolo guaio con la giustizia, poi nel 2012 era stato investito sulla strada che collega la città al Marganai: aveva perso un occhio e la funzionalità di un braccio ottenendo i soldi dell'assicurazione (oltre 500 mila euro) e una pensione di invalidità che gli avevano consentito di acquistare un terreno a Funtanamarzu, davanti alla casa in cui viveva da piccolo, coi genitori e una dozzina tra fratelli e sorelle. Lì aveva costruito l'abitazione nella quale è stato ucciso. Potrebbe esserci stata una lite con un ospite che Caria aveva fatto entrare in casa, la Procura pare escludere che l'oggetto del contendere fosse quella grossa somma. Il corpo senza vita era stato trovato sul pavimento della camera da letto diverse ore dopo dalla sorella e dal nipote della vittima.

I PRECEDENTI - Cuccu e Furia non sono nomi sconosciuti alle cronache locali. Il primo era stato accusato ingiustamente (e assolto) di aver incendiato per vendetta, la notte del 6 giugno 1999, l'abitazione di Pietro Paolo Santus, sospettato di essere l'autore di una sparatoria che due anni prima aveva lasciato paralizzato un minorenne parente di Cuccu. Furia nel 2014 ha patteggiato due anni per aver dato alle fiamme, nel 2010, il chiosco bar "Il regno del sole" di proprietà dell'imprenditrice Concetta Costabile nel parco di pertinenza della Rosa del Marganai. Dentro c'erano arredi e merce per oltre 100 mila euro. Furia, secondo la Procura, aveva dato seguito alla richiesta dell'amico Maurizio Pistincu (voleva vendicarsi della proprietaria) il quale, condannato a 4 anni e mezzo, attende l'appello.

Andrea Manunza

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