«Dove si cambiano i dollari? Dove posso comprare la batteria per il cellulare?». «Hey Madame, ci piace la tua città. Vorremmo visitarla».

Dall'Eritrea a Iglesias col sorriso negli occhi. Nonostante fuggano da fame, decenni di guerra, violenza e dittature che solo ora esplodono sui Media internazionali per le migliaia di sbarchi sulle coste italiane.

Li chiamano profughi, migranti, ma sono uomini e donne, coi loro bimbi. Fra loro una ragazzina pedalava in bici divertita: «Fermati, scendi, stai attenta», le ha detto la giovanissima madre. E chissà se quel giro, in sella alla felicità, l'aveva mai fatto prima. Sbarcati due giorni fa in un Paese sconosciuto, l'Italia, questo pomeriggio hanno raggiunto Piazza Sella a bordo dei pullman per respirare la libertà.

Più tardi torneranno a Sant'Angelo, nell'albergo mai aperto, in mezzo ai boschi fra Iglesias e Fluminimaggiore, dove la Sardegna ha deciso di accogliere una parte di loro. «Stiamo bene, tutto ok», ha rassicurato l'unica donna che parlava correttamente l'inglese.

Domani, per loro, sarà un altro giorno da vivere. Lontano, lontanissimo dalla spaventosa, crudele emergenza del Corno d'Africa. Una realtà sempre poco raccontata, ma che coinvolge migliaia e migliaia di persone che ora fuggono in Europa con la speranza di trovare una vita migliore.
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