Cinque ore di udienza ieri  per un confronto tesissimo tra l’ex pastore delle vittime e l’ex poliziotto autore delle indagini e per ascoltare altre quattro testimonianze, una delle quali particolarmente importante.

A Roma il processo di revisione della condanna all’ergastolo inflitta a Beniamino Zuncheddu quale autore della strage di Sinnai (il pastore di Burcei oggi 59enne secondo la sentenza definitiva aveva ucciso, l’8 gennaio 1991 sui monti di Sinnai, tre persone) vive un nuovo appuntamento, il penultimo: nella prossima udienza, il 23 gennaio, ci saranno le richieste di pg e avvocati e poi arriverà la sentenza.

In Corte d’appello si sono vissuti momenti difficili quando il pg Francesco Piantoni e gli avvocati Mauro Trogu (difensore di Zuncheddu) e Alessandra Maria del Rio (parte civile per il sopravvissuto Luigi Pinna e la moglie Daniela Fadda, figlia e sorella di due delle tre vittime) hanno fatto le domande a Paolo Melis e Mario Uda, rispettivamente pastore un tempo alle dipendenze dei Fadda e ispettore di Polizia che eseguì le indagini. Un faccia a faccia voluto dalla procura generale per chiarire varie incongruenze nella testimonianza di Melis il quale nel tempo ha fornito diverse versioni sulle minacce ricevute nella seconda metà del 1990 da Giuseppe Fadda, ucciso assieme al padre Gesuino e al pastore Ignazio Pusceddu, nell’ovile di Cuile is Coccus sotto il monte Serpeddì la sera dell’8 gennaio 1991.

Nella prima, dopo i delitti, Melis disse di aver saputo da Giuseppe Fadda che qualcuno, non gli fu rivelato chi, lo minacciò dicendogli «quel che voi fate alle mie vacche lo farò a voi» (l’eccidio secondo la sentenza nasce proprio in un contesto di litigi tra allevatori, i Fadda uccidevano il bestiame dei vicini che sconfinava regolarmente sui loro pascoli); nella seconda, poche settimane dopo, cambiò e sostenne di aver assistito in prima persona all’episodio; nella terza, lo scorso novembre, confermò quest’ultima aggiungendo che proprio Giuseppe Fadda gli fece il nome di Beniamino Zuncheddu quale autore delle minacce e aggiungendo che aveva potuto riconoscere l’ergastolano attraverso una foto, l’unica, che gli mostro proprio l’ispettore Uda. Così per fare sintesi il pg ha chiesto il confronto.

Melis è rimasto, pur molto titubante, nell’ultima versione; Uda ha negato con forza di avergli fatto vedere una sola foto ma almeno quattro e comunque alla presenza del pm; e ha negato anche che fosse Melis la fonte confidenziale che aveva portato a Zuncheddu quale autore della strage.

Poi ha parlato Francesco Mulas, che ha ribadito quel che già aveva sostenuto nel processo del 1991: la sera dell’eccidio vide Beniamino Zuncheddu che passava per le strade di Burcei a bordo del suo vespino. Dunque non poteva essere a Cuile is Ciccus. All’epoca la sua versione fu ritenuta inattendibile e l’alibi di Zuncheddu falso; resta da capire come sarà valutata dalla Corte d’appello di Roma. Basta aspettare due settimane e si scoprirà. 

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