Sassari, un abbraccio atteso quasi 40 anni: una famiglia ritrova il fratello adottato
Era stato prelevato dai servizi sociali nel 1986, ora la riunione tanto attesa fra grande commozionePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
L’ultimo sguardo e un saluto nel 1986 e, dopo quasi 40 anni, l’abbraccio che li riunisce. I fratelli sassaresi Gavina, Vittoria e Andrea Addis hanno ritrovato ieri a Sassari l’ultimogenito della loro famiglia, Antonio, prelevato dai servizi sociali e dato in adozione 39 anni fa. È lo studio del legale Salvatore Lorusso, che con l’avvocata Filvia Monteleoni hanno assistito i genitori adottivi, a ospitare la riunione che conclude una ricerca lunga decenni.
«Ho chiesto di lui dappertutto, in tv e sui giornali», ricorda Gavina. Ed è proprio un articolo dell’Unione Sarda del 2023, in cui la primogenita lanciava l’ennesimo appello per quel parente sparito, a essere letto da Maria e Mario, il padre e la madre adottivi. «Abbiamo subito voluto che conoscesse le proprie radici», riferisce lei, anche amministratrice di sostegno. Un percorso che ha però richiesto l’intermediazione del giudice tutelare. «Ha riferito ad Antonio di avere un’altra famiglia a Sassari. E lui si è commosso», ricorda l’avvocata Monteleoni.
«Neanche noi sapevamo nulla», sottolinea Maria, «a parte che la mamma si chiamava Giovanna. Infatti ogni 24 maggio, per San Giovanni, facciamo dire una messa in sua memoria». Deceduta ad appena 47 anni, per le conseguenze di una grave malattia, poco dopo la nascita di Antonio. Al quasi quarantaduenne vengono mostrate le sue foto di bambino di appena 2 anni nell’asilo sassarese da cui, un giorno, venne portato via e messo in un istituto. Una decisione del tribunale motivata da ragioni su cui non ci soffermeremo e che crea quella frattura fisica dolorosa per i fratelli, ignari pure se Antonio fosse vivo o morto.
«Mi occupavo di lui prima che ce lo togliessero» ricordava con commozione due anni fa Gavina. «Non avevo nemmeno 16 anni, ma toccava a me». La somiglianza tra i quattro è evidente, così come le differenze. Ma il retaggio genetico sta lì, su volti e occhi, a legare destini percorsi a distanza. Intanto Antonio apprende che, senza sospettarlo, è diventato zio di nipoti e pronipoti, che forse un giorno conoscerà. Lui, nel frattempo, cerca un lavoro ma non solo: «Aiuto un’associazione di volontariato e strimpello la chitarra», afferma poi rivelando la sua passione per la musica rock dai Litfiba fino ai Deep Purple.
Sono le prime informazioni scambiate per creare un terreno comune da cui ripartire per provare a riconoscersi, con le tappe che scandirà il giudice tutelare. Intanto però la sorpresa più bella è avvenuta: una famiglia si è riunita.