Non è mai stata dimenticata dai turritani Alina Cossu, la ragazza di 21 anni uccisa la notte del 10 settembre 1988, ritrovata senza vita ad Abbacurrente presso Platamona. Era una ragazza semplice, che lavorava in un bar del centro. Sognava  il grande amore, dei figli, una casa.

I suoi desideri si sono infranti quella notte, quando si è fidata di un uomo che voleva invece violentarla. Si è difesa con tutte le sue forze Alina. Non ce l'ha fatta e ha pagato con la vita il rispetto dei suoi nobili valori.

Quella sera suo fratello non passa a prenderla. Alina stranamente non va a cena dai suoi. Si incammina verso il Villaggio Verde, dove c'è una festa. Poi qualcuno la ferma. Alina si siede in macchina. Un errore fatale. Il conducente è sicuramente un ragazzo o un uomo che lei conosce bene, difficile pensare il contrario. L’uomo tenta di sedurla. Alina non ci sta. Non vuole e si oppone. L'uomo perde la testa, la colpisce con calci e pugni. Decide di ammazzarla. Ha paura che parli.
Verso mezzanotte l’assassino si dirige verso Platamona, zona Abbacurrente, per sbarazzarsi del corpo. Alina è esile e la carica sulle spalle. La giovane però ha un sussulto. L’uomo, come stabilirà la perizia legale, la strangola senza pietà e la getta in mare. Dove verrà trovata all’alba del 10 settembre da alcuni pescatori, che trovano il fragile corpo incastrato tra le rocce. Danno l’allarme. Parte la caccia all'assassino. I sospetti sono indirizzati verso un giovane operaio portotorrese che da mesi corteggia la ragazza. Ci sono indizi su di lui.

Ha dei graffi in faccia, che non aveva prima del delitto, come confermano i suoi amici, da cui si è separato proprio dopo le 23. I due pescatori testimoniano inoltre di avere visto nella notte una Ritmo bianca aggirarsi ad Abbacurrente. La stessa auto di cui è proprietario il sospettato, che inoltre ha lasciato gli amici poco prima delle 23. Coincidenze? Indizi? Forse. Ma c'è un importante particolare, incredibilmente trascurato.

Nel viso della ragazza ci sono le impronte delle scarpe usate dal suo aguzzino per sopprimerla definitivamente. Gli inquirenti ne vengono in possesso, ma vengono restituite. Quelle scarpe spariranno. Il 24 febbraio 1992 l’operaio sospettato viene arrestato. Gli investigatori sono convinti sia lui l’assassino. Ma il gip lo rimette in libertà. Quegli indizi evidentemente non bastano e le famose scarpe sul volto della vittima sono state solo fotografate e non sequestrate dagli inquirenti. Si era parlato anche dei graffi sul volto dell'indagato. Ma non esiste nessun referto medico al riguardo. Nel frattempo ci sono altri indagati, finiti nel tritacarne della giustizia.

Uno di questi, un ex fotografo, si è suicidato qualche anno fa. Un altro ex indagato si è ammalato di cuore, un altro ancora è stato colpito da esaurimento nervoso. Avevano come unica colpa quella di avere partecipato ad uno spuntino in un circolo di via Alfieri, dove secondo una testimonianza sarebbe passata la vittima. Per anni hanno subito una gogna mediatica, risultando totalmente estranei ai fatti. Sulla vicenda di Alina cala per molto tempo il sipario. Passano gli anni. Tanti.  La famiglia Cossu riceve, tra le altre, una strana telefonata: una donna dice di sapere molte cose sul delitto e promette di farsi sentire al più presto.

La telefonata viene  registrata dal padre di Alina, ma il telefono non era sotto controllo e non si saprà mai chi ci fosse dall’altra parte della cornetta. Qualche anno fa la riapertura del caso: il cadavere di Alina riesumato. Però, nonostante i sofisticati mezzi usati dai Ris, ben più moderni di quelli alla data del delitto, non ci sono più prove. Nemmeno sotto le unghie. Il tempo ha cancellato tutto. Fedele alleato dell'assassino.

Il cui volto era celato molto probabilmente in quella maledetta scarpa sul viso di Alina. E non è detto che fosse dell'operaio. Ma questo non lo sapremo mai. A 35 anni di distanza quel che è certo è che l'assassinio di Alina Cossu è rimasto impunito. Forse il carnefice si è portato i segreti nella tomba. O, se è ancora vivo, sta facendo i conti con la propria coscienza. 

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