Magliette con stampato la scritta “Giustizia per Davide”, vittima del naufragio nel Golfo dell’Asinara.

Familiari, amici e conoscenti si fanno portavoce di una battaglia per chiedere verità e giustizia, perché si racconti che cosa sia realmente accaduto a Davide Calvia, il 38enne sassarese trovato cadavere dopo dieci giorni dall’Sos lanciato il pomeriggio del 12 aprile, forse da Stintino o Marritza, per segnalare che la barca utilizzata per una battuta di pesca stava affondando. L’appello della famiglia Calvia, lanciato attraverso una chat, in pochi giorni ha raccolto centinaia di adesioni.

La vicenda di Davide Calvia è diventata oggetto di dibattito pubblico per le tante incongruenze che presenta. Si attende che la Procura di Sassari proceda con l’interrogatorio del cugino, Giovannino Pinna, il pescatore subacqueo di 35 anni, indagato per naufragio colposo dopo esserrsi salvato da una tragedia divenuta un caso nazionale. È trascorso un mese dal giorno del naufragio, quando il pomeriggio del 12 aprile è stato lanciato l’allarme, la barca usata dai due cugini stava affondando e, come unica possibilità per salvarsi non restava che quella di buttarsi in acqua con indosso mute e salvagenti.

Le condizioni del mare, intorno alle 16, erano favorevoli. Invece le ricerche di Capitaneria di porto, Vigili del fuoco intervenuti con elicotteri e sommozzatori, barracelli e carabinieri avevano dato esito negativo. Nessuna traccia di entrambi i sub, neppure della barca. Un mistero con tanti interrogativi, un giallo che attende di essere risolto. Nadia Calvia, sorella di Davide, è la prima ad avere tanti dubbi. «Ti hanno tradito – ha detto, rivolgendosi al fratello – ti hanno lasciato in balia dei tuoi ultimi attimi strazianti dove ti sarà passata davanti tutta la tua vita, un’esistenza che potevi continuare a vivere, la stessa che qualcuno ti ha strappato!». 

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