Le indagini preliminari sulla morte di Michela Deriu, la 22enne di Porto Torres, morta suicida a La Maddalena, si sono concluse: la Procura di Tempio ritiene responsabili due giovani, C.M. e P.R., entrambi residenti a Porto Torres, rispettivamente di 24 e 29 anni, in concorso tra loro, dei reati di diffamazione aggravata e morte quale conseguenza di altro reato.

I due avrebbero, con il loro comportamento, portato al suicidio di Michela.

LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI - Il 5 novembre 2017, alle 3 del mattino, a casa di un'amica che la stava ospitando, la ragazza era stata trovata priva di vita in cucina. Sul posto erano intervenuti i militari di La Maddalena che avevano effettuato i primi accertamenti del caso, ritrovando nell'abitazione due bigliettini scritti a mano e il cui contenuto faceva ipotizzare che l’estremo gesto commesso dalla ragazza potesse essere collegato a situazioni precedenti che avessero interessato la sfera personale della vittima.

LE INDAGINI - Per questo motivo, subito dopo il ritrovamento dei biglietti, è stato effettuato un sopralluogo estremamente preciso. Considerata la delicatezza della vicenda, la Procura di Tempio ha affidato le indagini agli investigatori del Reparto Territoriale di Olbia, al fine di verificare se Michela avesse deciso di compiere l’insano gesto perché istigata da terze persone o se vi fossero state situazioni che avessero contribuito in qualche modo nella sua decisione estrema di togliersi la vita.

Sono state sentite oltre cento persone in qualche modo legate o vicine alla vittima, e inoltre effettuate intercettazioni telefoniche,messo a confronto una grande quantità di dati e materiale informatico, video e foto sottoposti a sequestro nel corso delle investigazioni.

LA DENUNCIA DI MICHELA - "È stato accertato che Michela, il 3 novembre 2017, solo dopo che la notizia era stata riportata sugli organi di stampa, ha denunciato, alla stazione dei carabinieri di Porto Torres, una patita rapina, a suo dire avvenuta a Porto Torres alle 1.30 del 31 ottobre 2017", rendono noto i carabinieri. È stato inoltre documentato "che gli indagati in concorso tra loro e comunicandolo a più persone, hanno offeso la reputazione di Michela, rivelando, senza il suo consenso, informazioni confidenziali attinenti alla sua vita e abitudini sessuali e, in particolare, hanno mostrato, divulgandole in questo modo, alcune riprese video e fotografie che ritraevano la giovane mentre consumava un rapporto sessuale".

Alla luce di quanto scritto da Michela in uno dei biglietti ritrovato trovato vicino al corpo senza vita, si accenna a 'ricatti e umiliazioni per via di un vecchio film', "tanto che i due indagati, sempre in concorso tra loro, hanno contribuito a cagionare, quale conseguenza non voluta, la morte di Michela, la quale, avendo appreso la notizia della diffusione delle informazioni e dei video che la ritraevano mentre faceva sesso, si determinava a togliersi la vita mediante impiccagione".

(Unioneonline/s.a.)

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