Quando, venerdì mattina, nella sua casa di Cagliari, ha letto che a Seulo l'ambulatorio di medicina generale era chiuso da una settimana nel bel mezzo della recrudescenza della pandemia di Covid-19, Fabio Barbarossa si è detto che doveva fare qualcosa. Per esempio mettersi a disposizione della comunità per avviare la campagna di vaccinazione antinfluenzale, quest'anno particolarmente raccomandata dalla comunità scientifica.

L'indomani, nel suo giorno libero, era al volante della sua auto: destinazione Seulo, dove fino a sera, da volontario, ha vaccinato 140 persone.

La motivazione

Medico di base, originario di Ingurtosu, 66 anni, da trenta Fabio Barbarossa è medico di base a San Nicolò Gerrei e Ballao. La notizia che l'Ats sta riscontrando a trovare un professionista che assuma la medicina di base di Seulo ed Esterzili l'ha colpito. E l'ha spinto a fare in modo che quei pazienti non suoi potessero ricevere il vaccino: «Quando ho letto su L'Unione Sarda delle difficoltà di queste persone, istantaneamente qualcosa mi è entrata nel cuore», racconta: «Ho pensato ai miei pazienti, con i quali ho concluso già da un po' le vaccinazioni limitatamente alla disponibilità dei vaccini arrivati. Non era giusto, mi sono detto, che a Seulo i pazienti dovessero aspettare. Così mi sono messo in contatto con il sindaco Enrico Murgia e con il commissario straordinario dell'Ats per avere la disponibilità dei vaccini. Il direttore Steri ha inviato 140 vaccini con un corriere arrivato a Seulo venerdì sera».

Categorie a rischio

L'indomani il medico, grande appassionato della Sardegna, dei suoi borghi sorprendenti e della sua cultura antica ancora viva negli occhi degli anziani, era in paese, all'opera.

Destinatari delle vaccinazioni, gli appartenenti alle categorie a rischio: anziani, malati cronici, dipendenti comunali, esercenti commerciali, pastori.

Negli occhi dei pazienti

«Ho avuto l'occasione di incontrare persone meravigliose», riferisce. «Tra i tanti, una centenaria, lucidissima, che mi ha ringraziato: non dimenticherò il sorriso nei suoi occhi. Nella sua casa ho guardato le foto del marito, arrivato a centotré anni. Da questa esperienza sento di avere ricevuto molto più di quanto abbia dato. Per me è stato un privilegio ricordare ai nostri anziani che noi per loro ci siamo sempre».

«Un regalo a mio figlio»

Finito di somministrare i vaccini, il rientro a Cagliari per abbracciare il figlio Matteo, che compiva 15 anni: «Il regalo più bello che si possa fare a un figlio è l'esempio», dice il medico. «Imparare a dire: lo posso fare, lo faccio. Io sono così. Quest'atto è stato compreso da lui che mi è sembrato addirittura emozionato».

Un regalo che Matteo, e Seulo, non dimenticheranno.

Paola Mura Ruggiu

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