Alan Mimmi ha un sogno, una scommessa con suo padre: "Un giorno mi licenzierò e mi metterò in proprio come contadino".

Il 15 ottobre 2014, il 35enne aveva iniziato il percorso per liberarsi della dipendenza da alcol e droga nella comunità Ponte a Uta, a Camp'e Lusas, che dà ospitalità a 23 persone.

Il suo cammino è proseguito con un contratto da dipendente nel centro.

IL PROGETTO - Alan, insieme ad altri tre ex tossicodipendenti, coltiva prodotti nei campi e nelle serre: peperoni, pomodori, peperoncino e altri vegetali consumati in comunità o rivenduti. "Terminato il programma di recupero il primo luglio 2015", racconta, "mi sono buttato in questo progetto". Ha una sua filosofia: "La dipendenza spesso è causata dalla mentalità capitalista: ci porta a volere tutto e subito. Per eliminarla, lavoriamo rispettando i ritmi naturali. Non dobbiamo fare imprenditoria e rincorrere il profitto. Partiamo dal seme, vediamo la pianta crescere e pensiamo al raccolto dell'anno successivo. Se ragioniamo con i principi della società che ci ha portato alla dipendenza, non ne usciamo più".

IL FUTURO - Con lui ci sono Michael Giudice e Renzo Cogoni. Ex tossicodipendenti e un passato da detenuti. "La vita è difficile ma lavorare nei campi libera la mente, riempie le giornate. Se ci fosse la possibilità di essere assunti e retribuiti rimarremmo volentieri". Con lo sblocco dei fondi regionali, inizieranno un altro progetto: "Una fattoria didattica. Vorremmo coinvolgere le scuole", affermano.

LA SFIDA - Il direttore della comunità, Paolo Laudicina, spiega: "Il problema è il dopo terapia. Molti rientrano nel tunnel, soprattutto perché non trovano un lavoro. Per questo cerchiamo di creare ulteriori stimoli: dai sei mesi a un anno, i ragazzi imparano una professione con la possibilità di avere un contratto e una retribuzione".
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