Ha ventinove anni, ne sconterà 12 di reclusione per aver violentato una ragazzina che all'epoca ancora non ne aveva compiuto tredici. È la sentenza pronunciata ieri a Cagliari dai giudici della prima sezione penale nel processo a carico di Danilo Concas, che il giorno di Ferragosto del 2015 secondo la ricostruzione investigativa aveva convinto una minorenne ad andare con lui in un laghetto nelle campagne attorno a Uta, in località Santa Lucia, per fare il bagno e, dopo aver steso gli asciugamani sulla riva, di averne abusato subito dopo per poi imporle di non rivelare quanto accaduto. La vicenda L'imputato dovrà anche pagare una provvisionale di 90mila euro in tutto a favore della vittima, della madre e del padre della ragazzina, parte civile con gli avvocati Federico Delitala e Annalisa Mocci. La vicenda è stata ricostruita grazie ai suoi racconti e sul materiale probatorio messo insieme dai carabinieri. La denuncia era stata presentata circa quattro mesi dopo l'episodio, quando la madre si era resa conto che la figlia era particolarmente ombrosa. La ragazzina alla fine aveva spiegato a lei e ai militari di essere stata aggredita al laghetto: la minorenne aveva cercato di allontanare Concas spingendolo e dandogli uno schiaffo, ma il ragazzo l'aveva bloccata a terra e violentata. La relazione presentata al Palazzo di giustizia aveva convinto l'allora sostituta Liliana Ledda ad aprire un fascicolo e a chiedere agli uomini della stazione di Uta e a quelli del nucleo di polizia giudiziaria della Procura di svolgere gli opportuni accertamenti. Concas si era fatto interrogare dagli inquirenti, dai quali si era presentato in compagnia dell'avvocato difensore Salvatore Casula, e aveva negato le violenze. La richiesta del pm Il pubblico ministero invece tirate le somme aveva chiuso l'inchiesta e sollecitato il rinvio a giudizio del giovane, disposto al termine dell'udienza dal gup Giovanni Massidda. Il processo dibattimentale è andato avanti per alcuni anni tra testimonianze e deposito di documentazione. Ieri a Cagliari l'appuntamento finale, con la requisitoria del pm e l'arringa del difensore. Poi la sentenza di condanna.

Andrea Manunza

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