Nicoletta, 33enne di San Sperate (si omette il cognome per la privacy), è la figlia di un paziente positivo al Coronavirus, guarito (tamponi negativi) dopo 18 giorni di ricovero in un ospedale di Cagliari.

La madre, anch'essa positiva al Covid19, è stata in quarantena in casa, senza sintomi gravi, prima che due tamponi accertassero la sua negatività.

Al ritorno a casa del marito l'amara sorpresa: la donna, contrariamente a quanto dichiarato dall'ospedale in un primo momento, è ancora positiva.

Ed è proprio la ragazza a raccontare la vicenda della sua famiglia: "Prima di scrivere questa lettera ci ho pensato più volte, poi ho deciso che tutti dovessero sapere quanto accaduto. Tutto inizia il 10 marzo 2020 quando mio padre torna a casa dal lavoro e accusa febbre e tosse. Passano i giorni e inizia a peggiorare. Contattiamo il nostro nuovo medico di base e subito gli prescrive una terapia anti influenzale, ma con il passare dei giorni non si vedono miglioramenti, anzi, i sintomi iniziano a peggiorare e questo ci fa pensare che si possa trattare di Covid-19.

Presi dalla grave situazione di mio padre, noi e il nostro medico di base contattiamo l'Unità di crisi per l'emergenza Coronavirus per denunciare la situazione ma ci invitano a continuare le cure già attuate perché, ci viene detto, l'influenza stagionale era semplicemente più lunga del solito.

Mia madre chiama l'Assl, la quale consente al nostro medico di prescrivere a mio padre una radiografia ai polmoni poiché, ne eravamo certi, quella non era una comune influenza come ci avevano detto, ma una polmonite.

Mia madre accompagna mio padre in ospedale per la radiografia, ma non vengono fatti entrare perché nessuno in stato febbrile può essere visitato e così li rimandano a casa, consigliando di curare mio padre come se fosse una polmonite.

Passano tredici giorni e mio padre aveva sempre 39° di temperatura, lo vedevamo sempre più debole e la Tachipirina e tre antibiotici diversi non facevano effetto.

Il nostro medico di base continua insistentemente a chiamare aggiornando la situazione ma la risposta era sempre la stessa: 'Continuate le cure'.

Mio padre non poteva rimanere ancora in quello stato e ogni giorno facevamo impacchi di alcool e ghiaccio per far abbassare la febbre; ma lui ci chiedeva aiuto e questo ci faceva ancora più male. Abbiamo pensato anche di rivolgerci ai Carabinieri perché non potevamo lasciarlo così.

Il nostro medico di base ha fatto veramente di tutto per aiutarci e far ricoverare mio padre, e dopo svariati tentativi e telefoni chiusi in faccia, finalmente il 23 marzo ci viene confermato l'invio dell'ambulanza. Dopo varie ore di attesa è arrivata, lo visitano e decidono di portarlo all'ospedale.

Mio padre viene subito dichiarato positivo a Covid-19 e quindi ricoverato.

Intanto giorni dopo a seguito del tampone anche mia madre è risultata positiva.

Dopo la degenza, finalmente dopo quasi un mese mio padre è guarito, e viene dichiarato negativo e dimesso a condizione che la nostra casa venga sanificata. Una volta a casa, tutti in famiglia si resta in attesa dell'esito di un secondo tampone effettuato quarantotto ore prima del suo rientro, e la sera stessa ci viene confermato telefonicamente da un uomo appartenente al dipartimento dell'Igiene Pubblica, il risultato negativo del tampone di mia madre e ci invita ad attendere nei giorni seguenti il risultato del mio tampone e di quello di mio fratello.

È stata un'immensa gioia apprendere che anche mia madre era negativa, chiamiamo quindi in ospedale per sapere se fossimo autorizzati a stare nuovamente tutti insieme giacché il tampone era negativo, e ci hanno confermato che anche se mia madre non aveva fatto il terzo tampone, avevamo il permesso purché muniti di mascherine e guanti e che restassimo a dovute distanze.

Il giorno dopo ricevo una nuova telefonata dal dipartimento dell'Igiene Pubblica per avere notizie in merito allo stato di salute di tutta la famiglia. Ho chiesto se fossero arrivati i risultati dei tamponi fatti qualche giorno prima, ma confermano solo la mancata ricezione dell'esito e che, in quel momento, era presente il solo risultato di mia madre la quale risulta positiva (al contrario di quanto confermato il giorno prima). Mi è crollato il mondo addosso.

Mia madre è entrata nella casa sanificata e quindi in contatto con noi ma soprattutto con mio padre, debole dopo settimane di ricovero. Ho chiesto spiegazioni in merito, ma nessuno ha saputo darmi una spiegazione sulla discordanza: negativa un giorno, positiva il giorno dopo. Non sappiamo chi possa essere l'operatore che mi ha chiamato dicendomi che il tampone di mia madre era negativo.

Adesso siamo stanchi. Non solo mio padre è stato trascurato all'inizio per ben tredici giorni senza mai fare un tampone, adesso anche questa. Non è giusto che degli incompetenti, disattenti, mettano a rischio la vita delle persone, vanificando tutti gli sforzi del nostro nuovo medico di base che pur conoscendoci appena si è battuto per il ricovero di mio padre e per far effettuare a tutti in famiglia il tampone. Allo stesso modo medici e infermieri dell'ospedale Santissima Trinità ogni giorno con tanta professionalità e amore si sono presi cura di pazienti come mio padre.

Abbiamo deciso di denunciare l'accaduto perché vista la situazione creatasi in tutto il mondo a causa di questo virus non devono essere ammesse delle sviste. C'è in ballo la vita delle persone e non è giusto. Spero che questa lettera possa servire da lezione perché non vengano più commessi simili errori.

Ora ci aspettiamo che si faccia chiarezza sull'accaduto".
© Riproduzione riservata