Samuele ha sei anni e le partite di pallone le può guardare soltanto da bordo campo. A togliergli la gioia di poter correre con i suoi amichetti e di esultare dopo avere segnato un gol è una malattia dal nome difficile: distrofia muscolare di duchenne.

Il bimbo non riesce ad appoggiare bene il piede e a equilibrare i movimenti. La diagnosi è arrivata impietosa qualche mese fa e i genitori devono affrontare spese gravose per visite e cure. E così in breve tempo, anche a seguito di un appello lanciato da una zia su Facebook, la città si è mobilitata.

Le mamme dei compagni della scuola di via dei Nasturzi, a Flumini, hanno ideato una serie di mercatini itineranti nei diversi plessi scolastici dove espongono oggetti di vario tipo. Il ricavato delle vendite è alle cure del piccolo.

«Samuele ha sempre avuto problemi di postura per cui all'inizio non ci abbiamo dato peso», racconta la madre, Michela Putzu, «anche perché il padre ha più o meno la stessa andatura e tende a camminare sulle punte, un po' barcollando».

Quando il piccolo compie tre anni, i genitori lo portano da uno specialista: «Anche perché», prosegue la mamma, «ancora non parlava. Il medico ci aveva consigliato di fare degli accertamenti ma dalle visite successive non era risultato niente». Mamma e papà tirano un sospiro di sollievo ma i problemi non sono finiti. «Anziché migliorare Samuele è peggiorato», prosegue Putzu, «non riusciva ad appoggiare bene il piede e poi quando faceva i gradini non riusciva ad equilibrare il movimento , dondolando il bacino». Da qui inizia un'altra via crucis di visite e controlli fino alla diagnosi finale di distrofia muscolare di duchenne, la più grave, la più difficile da curare.

«Ci è caduto il mondo addosso», piange mamma Michela, «e sono arrivati anche i sensi di colpa per non essercene accorti prima. Ma Samuele sembrava un bambino normale, ha avuto soltanto un ritardo nel camminare , per questo non ci siamo insospettiti prima della visita ai tre anni. Siamo morti dentro. Come glielo spieghi a un bambino che non può correre, che non può giocare a calcio? È lui che fa coraggio a noi e alla sua sorellina e che ci dice di sorridere».

La malattia in molti casi è degenerativa ma mamma Michela non ha nessuna intenzione di arrendersi. «Siamo all'inizio della battaglia, stiamo facendo gli accertamenti con l'avvio delle indagini genetiche. Ci hanno parlato di un centro specializzato a Roma e poi pare che facciano delle cure sperimentali in America. Noi siamo pronti a fare tutto quello che c'è da fare».

Non sono soli. Un mare di solidarietà ha sommerso il bimbo dopo la notizia della sua battaglia per la vita. «Non me lo aspettavo e sono commossa», dice ancora Michela Putzu., «non ho parole per ringraziare le mamme dei compagnetti di Samuele che hanno organizzato questi mercatini per raccogliere fondi per aiutarci. Mio figlio è diventato il bambino di tutti».

Giorgia Daga

© Riproduzione riservata