Nelle mappe altimetriche di Teulada “Antoni Panni” e “Perdas de Fogu” sono due colline con nemmeno duecento metri di altitudine, racchiuse in un gigantesco perimetro di filo spinato lungo 49 chilometri. Dalla notte dei tempi in questi promontori a farla da padroni erano bovini adulti e vitelli appena svezzati. Erano. Ora lì, da tempo, non si possono più nemmeno avvicinare. Come se non bastasse quell’infinito muro perimetrale di rete romboidale di ferro e zinco che circonda il poligono di Sa Portedda, quello di Teulada, i militari hanno ulteriormente vietato, con tanto di concertina appuntita d’acciaio, anche quei due promontori di cisto e ginepro. Corre l’anno del Signore 2012 quando da Pisa, base logistica del Cisam, il nucleo più avanzato della Marina Militare per la radioattività, parte un gruppo di esperti destinato a mettere a soqquadro il poligono di Capo Teulada.

Cercasi radiazioni

Cercano contaminazioni radioattive del terreno. Roba da far accapponare la pelle, di militari, civili, pastori e persino bovini, adulti e infanti. Perlustrano palmo a palmo le aree dove si è abbattuta quella tempesta di missili Milan, i più nefasti, quelli con un contenuto radioattivo accertato. Battono a tappeto i materiali presenti nell’ “ex magazzino”, nell’ “isola ecologica” e nell’ “area attiva polveriera”. Le misure radiometriche si spingono sino alle due colline vietate al pascolo, dichiaratamente destinate a “zone arrivo colpi”, in pratica dove erano dislocati i bersagli da far saltare in aria a colpi di tracciante radioattivo. La relazione finale di quel monitoraggio, il Pubblico Ministero prima e il Giudice per le Indagini Preliminari poi, la sintetizzano tra virgolette e in corsivo, come fosse l’epitaffio di quel proscenio militare: gli esami avevano rilevato la “presenza di contaminazione radioattiva di alcune aree utilizzate in passato come zone arrivo colpi dei Missili Milan”.

Il segreto radioattivo

C’è di peggio. Dalla documentazione sequestrata nel Poligono è risultato che «i vertici del primo Reggimento Corazzato fossero a conoscenza della presenza di contaminazione radioattiva all’interno del Poligono». È in quel momento che gli uomini della Procura scoprono che esistono altre aree che il Cisam aveva fatto mettere sotto scorta, con tanto di divieti di avvicinamento. È aprile 2013 quando scattano “le misure di radioprotezione per le aree denominate “Seddas de Crobeddu” e “Perda de Fogu” con concertina per un raggio di almeno 20 metri dal centro dei carri (trasformati in bersaglio dei missili Milan).

Recintate le aree al Torio

Senza che niente si sappia al di fuori di quella recinzione da Fort Knox, che da Teulada costeggia Porto Pino, nel comune di Sant’Anna Arresi, l’otto agosto del 2013, con la spiaggia a due passi stracolma di bagnanti, il Comando del Poligono dispone il divieto assoluto per chiunque di avvicinarsi ad altre sette zone interne al presidio Nato in terra sarda. “Il divieto di accesso e di asportazione di materiale metallico” viene imposto “a Guardia S’Arena, Guardia Bracaxius, Guardia Nadali, Guardia Zaffaraneddu, Nuraghe Don Antiogu, Punta de sa Cruxi e Porto Cogolidos”. In pratica ovunque. In decine di aree del poligono erano stati impunemente esplosi i missili Milan, quelli con il Torio, sostanza radioattiva ritenuta molto più pericolosa dello stesso Uranio. Scrivono gli inquirenti: nella zona di Seddas de Crobeddu e in quella di Perda Rosa, sono stati ritrovati 14 frammenti dei tracciatori di missili Milan, contenenti parte della lunetta di Torio, tutti risultati radioattivi. Il resoconto è nel dispositivo del Giudice per le Indagini Preliminari: «Tra il mese di dicembre 2013 e l'ottobre 2014 sono stati rinvenuti in alcune aree del Poligono (Braccaxius, Seddas de Crobeddu, Perda Rosa, Porto Cogolidos) e sottoposti a sequestro frammenti metallici riconducibili al sistema d’arma menzionato su cui sono state rilevate misure di radiazioni gamma superiori al fondo naturale». Non c’è da stupirsi di una così ampia dislocazione di residuati del missile “radioattivo”.

Missili per 200 milioni

Del resto, secondo la Procura, nel solo poligono di Teulada di quei missili anticarro, simili a quelli che si stanno mandando in Ucraina per fronteggiare l’avanzata russa, ne sono stati esplosi, nel periodo dal 2008 al 2016, la bellezza, si fa per dire, di 11.785. Secondo un’analisi riservata del Ministero della Difesa, il costo dei missili Milan è attualizzato in 413 mila euro per ogni sistema d’arma che comprende un lanciatore e 24 missili. La moltiplicazione supera i duecento milioni di euro, soldi che da soli varrebbero un piano di rinascita per l’intero territorio. Basti pensare che i missili Milan, quelli sotto accusa, disseminati in ogni angolo della base di Teulada, contenevano ognuno tre grammi di Torio radioattivo.

Licenza di inquinare

Per i Generali tutto questo, però, non risultava essere un problema. È Alessandra Tedde, il Giudice per le Indagini Preliminari, che traccia un identikit dell’irresponsabilità. Scrive della penisola interdetta, la “zona Delta” del Poligono, la punta estrema della Sardegna del Sud verso l’Africa: «Da sempre fatta bersaglio di tutti i sistemi di arma impiegati per le esercitazioni a fuoco da parte del personale delle Forze Armate italiane e delle Forze straniere alleate, (zona di arrivo: dei colpi di mortai e artiglierie, di missili filoguidati, di tiri navali contro costa, di bombardamento e mitragliamento aereo, per sganci di emergenza per gli aerei)». C’è di più negli stessi atti interni della base militare: «Con accesso permanentemente interdetto a persone e mezzi a causa della presenza di residui bellici mai fatti oggetto di bonifica, anzi, di cui, stando alla stesso Regolamento del Poligono, non è possibile, ovvero conveniente la bonifica».

Padroni in casa d’altri

Tra i vertici militari, scrive il Giudice, vi era «il diffuso convincimento, tramandato in capo ai soggetti succedutisi nei ruoli comportanti governo e direzione del poligono, e alfine acriticamente accolto, che l'assenza di ogni bonifica non fosse contraria a legge anzi, che fosse una logica conseguenza dell'anzidetto reiterato uso della penisola o ancora che quell’area appartenesse all’Amministrazione della Difesa». Insomma, come dire: siamo i padroni in casa nostra e facciamo quello che vogliamo. Stamane la Camera di Consiglio, presieduta dal Giudice Giuseppe Pintori, deve decidere se i Generali, quelli con il vero potere di decidere, Capi di Stato Maggiore nel periodo dal 2009 al 2015, devono essere processati per «disastro innominato». Sono loro, secondo l’accusa, i responsabili di aver devastato un’area di «rara bellezza», quella di Capo Teulada. Al Tribunale di Cagliari, da oggi, ore 10.30, aula 1, si cercano verità e giustizia.

(2.continua)

QUI la prima parte dell’inchiesta

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