Una cena in famiglia, tra risate e racconti si trasforma in un dramma: prima un mal di testa improvviso e uno strano calore che, in una fredda sera di gennaio le avvolge il corpo, poi il buio e le voci in lontananza del compagno Davide che cerca di rianimarla e degli altri parenti disperati. Lei è Maira Ambu, oggi giovane neomamma, che lo scorso inverno, al quarto mese di gravidanza è arrivata in ospedale colpita da un’emorragia cerebrale nella fossa cranica sinistra. «Sono sopravvissuta per la mia bambina, ma anche perché sono finita nelle mani degli angeli: i medici del Brotzu ci hanno salvate entrambe», racconta la ragazza ancora oggi scossa.

Il dramma

Dopo il ricovero le sue condizioni sono apparse subito critiche, per giorni è rimasta appesa a un filo tra la vita e la morte: «La bambina stava bene, ma non sapevano dirmi se avrebbe avuto danni cerebrali: il mio unico pensiero era lei». Un primo intervento delicatissimo e poi a distanza di circa una settimana un altro per salvarle la vita. «Era venerdì e noi il lunedì successivo ci saremmo dovuti trasferire qui a casa nostra. Ho ricordi sfocati, sentivo ma non riuscivo a muovermi. Ero convinta di respirare da sola e non mi sono accorta di essere stata intubata. In ospedale mi facevano delle domande, volevo rispondere ma non ci riuscivo. Quando ero in rianimazione guardavo la mia pancia e cercavo sostegno in Davide, che non mi ha abbandonata neanche per un secondo», racconta Maira con le lacrime agli occhi mentre prova a ripercorrere quei momenti drammatici. A tenerle la mano la mamma Benedetta Scalas: «Sono due ragazzi forti, entrambi molto giovani, ma a mio genero per quello che ha fatto e sta facendo per Maira gli sarò per sempre grata», afferma commossa abbracciando la figlia. «Ci avevano detto che non sarebbe arrivata viva al Brotzu e io stessa mi sono sentita morire, ma i medici l’hanno salvata».

Il miracolo

Prima al Policlinico, poi il trasferimento nel nosocomio di via Peretti da quelli che lei chiama «i miei angeli». Quella di Maira Ambu è stata una corsa contro il tempo: 21 giorni di ricovero tra la terapia intensiva e il reparto di neurochirurgia. «È dipeso tutto da una malformazione che io non ho mai saputo di avere, stavo benissimo, pensavo solo a diventare mamma e non vedevo l’ora di stringere tra le mani la piccolina che cresceva dentro di me», aggiunge Maira. «Avevo i capelli lunghissimi, per l’operazione mi hanno dovuta rasare e io me ne sono accorta dopo quattro giorni, ma non era importante io aspettavo che ogni giorno monitorassero la mia bambina. I medici dall’ecografia vedevano che lei stava bene, ma non potevano dirmelo con certezza perché se ci fossero stati danni si sarebbe visto dopo la nascita».

La nascita di Marisol

Maira Ambu ha così vissuto gli ultimi mesi della gravidanza tra la riabilitazione e la preoccupazione per la bambina che portava in grembo, ma togliendo fuori quella grinta e quella forza per farsi trovare pronta il giorno in cui sarebbe diventata mamma. Così, nonostante le paure e le difficoltà, lo scorso 5 luglio ha messo al mondo la piccola Marisol, un angioletto di pochi chili che ha ridato gioia e speranza a mamma Maira e papà Davide. «Voglio ringraziare tutto il personale del Brotzu, che si è preso cura di me salvandomi la vita prima e regalandomi la gioia di diventare mamma dopo. Il reparto di neurochirurgia, il dottor Desogus e il dottor Comelli in particolare. Il mio ginecologo dottor Michele Serra e la sua equipe e la mia fisioterapista Carmen che mi sta rimettendo in piedi, ma soprattutto la mia bambina: la mia cura più grande è stata lei».

© Riproduzione riservata