Hanno trascorso quattro giorni nel carcere di Uta: un'esperienza interessante per i due educatori cinofili che hanno passato il tempo insieme ai detenuti.

Ma, soprattutto, un'esperienza fondamentale per i reclusi.

Perché, in quei quattro giorni, hanno avuto modo di rendersi conto che i comportamenti degli animali non sono, poi, così diversi da quelli degli esseri umani.

"Una tra le cose più emozionanti", racconta Alessandro, un ex detenuto coinvolto l'anno scorso nel progetto, "è stato rendersi conto del fatto che ogni cane, anche il più aggressivo, può essere recuperato".

Quasi una pet therapy psicologica per i detenuti.

"Tra l'altro, questa esperienza serve a sentire un po' di affettività: questa è una delle cose che manca maggiormente in un carcere".

Ma l'esperienza è stata importante anche dal punto di vista professionale.

"La nostra professione", racconta Andrea Cristofori, uno degli educatori cinofili, "ultimamente è molto richiesta: i proprietari di cani non cercano più gli addestratori che insegnano agli animali a compiere determinati gesti. Ma vogliono qualcuno che li aiuti a capire il linguaggio dei cani".

Un'idea, messa in pratica dal Cpia, la scuola interna al carcere, che potrebbe diventare permanente.

La consigliera regionale Anna Maria Busia presenterà il mese prossimo un progetto per portare definitivamente i cani all'interno del carcere. "

Un'iniziativa", spiega, "che ha costi bassissimi e che ha, invece, benefici enormi".
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