No all'archiviazione dell'inchiesta sul Poligono di Capo Teulada perché "l'evidenza del disastro merita un approfondimento processuale".

E' la posizione dei legali che tutelano le parti lese nelle indagini sul sito militare, che hanno deciso di opporsi alla richiesta di archiviazione formulata lo scorso dicembre dalla Procura di Cagliari in merito alla vicenda che vede coinvolte diverse persone, con l'ipotesi di reato di omicidio, lesioni personali gravi e disastro ambientale.

Si tratta di alti vertici dell'Esercito italiano in carica nel periodo compreso tra il 2009 e il 2015: in particolare i capi di Stato Maggiore (dal 2009 al 2011 e dal 2011 e 2015), il capo del Terzo Reparto RIF Stato Maggiore (dal 2008 al 2013), il sottocapo di Stato Maggiore (dal 2010 al 2013) e il comandante della Regione Sardegna (sino al mese di ottobre 2010).

In particolare, gli avvocati contestano le conclusioni a cui è arrivata la Procura, secondo la quale le risultanze delle prove raccolte attorno alla cosiddetta "sindrome di Teulada" non sarebbero sufficienti "al fine di sostenere in giudizio l'accusa che i casi di patologie neoplasiche denunciate siano associabili alle fonti inquinanti presenti nel poligono".

Per i legali delle parti lese, invece, l'Esercito sarebbe responsabile perché avrebbe continuato a utilizzare per le esercitazioni a Teulada missili Milan contenenti torio radioattivo. Il tutto nonostante la commissione parlamentare d'inchiesta, in una delle sue relazioni, avesse segnalato che "dopo il 2000 tutte le partite di missili Milan in dotazione alle varie Forze armate francesi, italiane e di altri eserciti sono state ritirate".

Secondo gli stessi legali, inoltre, in otto anni - tra il 2008 e il 2016, nel poligono sarebbero stati sparati: "860.624 colpi, tra cui 11.785 missili Milan".

Tutta l'area del Poligono come "una terra di nessuno - è la denuncia - trasformata in un'immensa discarica, collocata tra cielo e mare, che ha continuato ad essere abusata e snaturata". Ora, spiegano, "l'opposizione alla richiesta di archiviazione, finalizzata ad ottenerne il rigetto attraverso la sollecitazione di nuove indagini peritali, quando non fosse possibile disporre l'imputazione coatta sulla base delle condotte illecite già risultanti dagli atti, è un grido che si spera possa squarciare il silenzio sulla Terra di nessuno perché diventi Terra di tutti".

(Unioneonline/l.f.)
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