«Vengo a portare un messaggio di Papa Francesco di vicinanza e solidarietà alla diocesi sulcitana e alla Chiesa di Sardegna». Il numero due vaticano, il Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, “braccio destro” di Papa Francesco, arriva a Iglesias per consacrare vescovo monsignor Walter Erbì, nominato arcivescovo titolare di Nepi e Nunzio apostolico in Liberia e Sierra Leone. Evento che si rinnova, dopo 33 anni quando, era il 25 febbraio 1989, a Calasetta, arrivò l’allora Segretario di Stato, cardinale Agostino Casaroli, a consacrare vescovo don Piero Biggio, nominato Nunzio apostolico in Bangladesh. Una bella concomitanza, un bel segnale di attenzione per una Chiesa locale - quella sulcitana - che, rispetto alle altre Chiese consorelle, vive con più acuta sofferenza la crisi sociale e la mancanza di lavoro.

«Vengo in mezzo a voi perché è prassi che sia il Segretario di Stato a conferire la consacrazione episcopale ai Nunzi apostolici, in quanto rappresentanti diretti del Papa in tutto il mondo. Quindi ho accettato volentieri di venire in Sardegna quando monsignor Erbì mi ha rivolto questo invito».

Per lei, Eminenza, è la prima volta in Sardegna? Quale conoscenza della nostra Chiesa locale?

«Non conosco molto, debbo onestamente confessarlo, la realtà della Sardegna. Da stretto collaboratore del Papa, come lui e con lui, mi occupo delle vicende ecclesiali italiane e mondiali, ma grazie a contatti e amicizie seguo come posso anche le vicende di realtà più piccole, come può essere la vostra terra sarda. Non mi permetto, pertanto, di pronunciarmi o dare giudizi sulla vostra Chiesa locale. Bisognerebbe conoscerla molto meglio».

La Chiesa di Sardegna ha gioito per la nomina dell’arcivescovo di Cagliari Baturi a Segretario Generale della Cei, l’elezione a cardinale di monsignor Miglio e il “ritorno” del cardinale Becciu dopo due anni di sofferenza, personale e di tutta la Chiesa sarda. Ora il suo arrivo, a quasi dieci anni dalla visita di Papa Francesco: un momento di grazia straordinaria per la Sardegna...

«Sì, credo che si possa interpretare così questo momento. Io non posso far altro che rallegrarmi con tutta la Chiesa sarda. Proprio in questi giorni, ho riletto il discorso che Papa Francesco – nel settembre 2013 – tenne a Cagliari. Il Pontefice diede particolare risalto ai temi della mancanza del lavoro, della precarietà diffusa, dei giovani, costretti spesso a emigrare. Vengo in una diocesi che, più delle altre, soffre per queste emergenze sociali. L’ordinazione episcopale di monsignor Erbì è allora “momento di grazia” per ridare coraggio e speranza di fronte a tante difficoltà cui si sono aggiunte la pandemia e, non bastasse, la guerra in Ucraina».

Per i sardi resta indelebile la venuta a Cagliari di Papa Francesco pellegrino ai piedi della Madonna di Bonaria. Lei, che lavora al suo fianco, conferma questa continua vicinanza alla “sua” e nostra Madonna di Bonaria?

«Sì, sì, certamente. Anche perché, grazie alle riprese televisive, è un legame molto visibile. Tutti possono vedere come davanti alla postazione del Papa è rimasta l’immagine della Patrona dei Sardi che accompagna lui, ma ci accompagna tutti durante i viaggi internazionali. Un vincolo, con la Sardegna e la sua realtà, che in questi anni non è mai venuto meno in Papa Francesco».

La Sardegna, ci ha detto Papa Francesco, è terra «fecondata» dal sangue dei martiri. Dopo Ignazio da Laconi, cappuccino, attendiamo la canonizzazione di Nicola da Gesturi, Antonia Mesina e Maria Gabriella Sagheddu. Come i santi possono ancora parlare alla nostra società?

«Ogni santo, per usare un’immagine di sant’Agostino, “è un fiore diverso nel giardino del Signore”. Ognuno ci dice che è possibile vivere in pienezza il Vangelo, fino al grado più alto dell’eroicità, in qualsiasi ambiente o situazione di vita. Fra Nicola, come Antonia Mesina o Carlo Acutis continuano a parlare ai giovani d’oggi attraverso quello che è il linguaggio universale della santità, il linguaggio dell’amore. Perché, in fin dei conti, la santità è vivere in modo eroico l’amore, verso Dio e verso i fratelli. Proprio come ribadisce Papa Francesco: “La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione”. E i santi sono queste centrali di attrazione per tutti, anche per coloro che non si riconoscono esplicitamente nella Chiesa».

Quale messaggio lascerà alla Chiesa di Sardegna?

«A nome del Papa verrò a dire che noi, tutti, nessuno escluso, abbiamo tanto bisogno di speranza. Di fronte alle tante difficoltà che sperimenta la Sardegna il messaggio è questo: la Chiesa è chiamata a dare speranza, a ribadire che non siamo soli ad affrontare i tanti problemi, spesso drammatici. Vengo come messaggero di speranza e di vicinanza».

Paolo Matta

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