Ottana, la paura dei sindaci:"Siamo tutti dei bersagli"
Il caso Ottana diventa il caso Sardegna. Dopo l'attentato al sindaco Gian Paolo Marras, i suoi colleghi di tutta l'Isola denunciano un clima generalizzato di violenza contro gli amministratori comunali.Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Dopo le fucilate contro la casa del sindaco Gian Paolo Marras e la bomba al centro sociale, il caso Ottana diventa il caso Sardegna. Accantonando i formalismi rituali della solidarietà fine a se stessa, lo hanno aperto ieri i sindaci di tutta l'Isola riuniti dall'Anci regionale nel paese passato dal sogno dello sviluppo industriale all'incubo delle fabbriche morenti o già sepolte. Troppi gli amministratori nel mirino dei criminali dalla Gallura al Sulcis. Fasce tricolori lacerate da una sequenza infinita di minacce, attentati e intimidazioni. Violenza che non ha, e non può avere, giustificazione nella crisi economica, nella fame di lavoro. «Dietro questi fatti ci sono sempre e solo delinquenti impuniti che spesso hanno trovato alibi politici primitivi», ha detto il vice sindaco di Ottana, Franco Saba , salutando e ringraziando i colleghi. Parlava lui perché Marras era fuori insieme alla famiglia. Tornerà oggi per rassegnare le dimissioni nella seduta del Consiglio comunale convocata per le 18. «Nel Centro Sardegna - ha osservato Saba - è sempre stata vitale una vena terroristica, finalizzata a creare discredito nelle istituzioni e disordine». Con l'obiettivo di «impedire processi ordinati, trasparenti, fondati sul diritto, sul merito e sull'impegno. Per sostituirli con l'assistenza elargita a tutti e in modo indifferenziato in cambio dell'ordine e della quiete». Insomma una vera e propria strategia della tensione da barattare pronta cassa: si mandano a casa gli eletti sperando di ottenere finanziamenti a pioggia in cambio di un ritorno alla tranquillità. Per poi ricominciare da capo come avviene ormai da decenni.
SINDACI ESASPERATI «La violenza contro gli amministratori è ormai un fenomeno endemico solo sardo se si esclude la Calabria», ha spiegato il sindaco di Carbonia, Tore Cherchi , presidente regionale dell'Anci. «Non basta la solidarietà, servono fatti per estirpare una sub cultura che osteggia il diritto». Il che vuol dire che se lo Stato c'è deve battere un colpo, far sentire la sua presenza investendo nella legalità, imponendone il rispetto. Più uomini e più mezzi, quindi, per mandare in galera i colpevoli. Altrimenti, un'infima e infame minoranza pretenderà con la forza quel che non riesce ad avere nel rispetto della legge. Ed è con questo che i sindaci devono fare i conti. «Ho bloccato le cave di sabbia e subito dopo sono iniziati gli attentati», ha detto il sindaco di Mores, Pasqualino Porcu . «Così - ha commentato - le nostre popolazioni vengono espropriate del diritto di scegliere chi deve amministrarle. Basta sparare contro un sindaco per mandare a casa giunta e Consiglio». Maddalena Calia , ex sindaco e consigliere a Lula, denuncia un clima generale di delegittimazione: «Sta passando la definizione della politica come qualcosa di sporco e gli attentati sono l'effetto collaterale». Ne sa qualcosa, lei, che per anni ha avuto la scorta al seguito giorno e notte. «Si interviene militarizzando il territorio, perquisendo gli ovili degli onesti, multandoli per questo o quel motivo mentre i malavitosi restano impunti. Ci vuole più coraggio anche da parte della magistratura. Troppi i proscioglimenti in istruttoria. Ma anche la gente deve cambiare mentalità. Troppo facile dire che i colpevoli non sono del posto. Non è così: lo sono e tutti li conosciamo». La Calia ha concluso con una confessione terrificante: «Ostentiamo coraggio ma non è così perché in Sardegna la paura non passa mai». La rassegnazione, però, non può prevalere. «Servono pene più severe e maggiori strumenti alle forze dell'ordine. Non possiamo restare in balia di quattro gaglioffi».
L'APPELLO: CHI SA PARLI Contro l'indifferenza e l'auto assoluzione collettiva si è schierata anche Virginia Lai , oggi alla guida del Municipio di Lanusei e per tanti anni consigliere. «Nel 1990 mi hanno lanciato una molotov contro il portone di casa. Mia madre, costretta a letto, ha rischiato grosso. Per assurdo c'è la diffusa convinzione che cose simili siano inevitabilmente connesse al fare politica». Poi un appello ai cittadini di Ottana e non solo: «Chi sa parli, se vuol bene ai figli, se vuole costruire per loro un futuro migliore». Racconti di ripetute intimidazioni negli interventi di tanti amministratori. Il vice sindaco di Milis, Nino Manca , sembra un inviato al fronte. «Accade di tutto: bombe in Comune, i cartelli stradali di divieto crivellati di colpi non appena messi, furti di carte d'identità, agrumeti distrutti e mi fermo qui anche se l'elenco è ben più lungo. Mai scovato, però, un responsabile». A Graziano Deiana , sindaco di Mamoiada, hanno incendiato la casa di campagna. «La prima reazione è stata di mollare tutto. Poi ho deciso di tener duro, e non mi sento un eroe, perché noi rappresentiamo la legalità e la democrazia. Non ho più paura. Senza voler lanciare una sfida ho fatto quel che bisogna fare dando precise indicazioni agli investigatori grazie alla collaborazione dei cittadini. Ora aspetto risposte anche se so che sicurezza è sempre più una parola vuota. Mancano uomini e mezzi e, talvolta, perfino il carburante per far girare le auto delle pattuglie». Anche Giovanna Sanna (Florinas) ha subito intimidazioni ma è rimasta al suo posto. «Nonostante sappia che il cittadino vede in noi l'incarnazione della peggior politica di questi tempi». Un concetto ribadito più volte da chi si sente la controfigura locale di una classe dirigente nazionale sempre più screditata dalle risse continue, dalla criminalizzazione dell'avversario. «Ma anche tra noi si personalizza il confronto in un clima di intolleranza e questo impedisce di affrontare i problemi veri, come ha sostenuto il vice sindaco di Nuoro, Leonardo Moro . Aldo Pili , secondo mandato a Sestu, riconosce una sorta di impotenza. «Non riusciamo a farci valere e veniamo indicati come scialacquatori dei soldi pubblici». Viceversa, i Comuni hanno sempre più le casse vuote e «folle di questuanti che chiedono aiuto», ha sottolineato Antonio Testone (Dorgali). «Con credo nella rozza equazione povertà, criminalità, attentati. Ma la legalità si difende dando risposte ai bisogni della gente. Oggi noi non siamo in grado di farlo». Di qui la richiesta dell'Anci a Stato e Regione di un impegno concreto a tutela della legalità sul fronte della sicurezza ma anche su quello delle risorse finanziarie per garantire servizi fondamentali, come la scuola, oggi pesantemente ridimensionati dalle sforbiaciate al bilancio.
STEFANO LENZA