Le zone umide dell’Oristanese chiedono attenzione e visione. È quanto emerso dal convegno “Per una nuova rigenerazione ambientale, produttiva e paesaggistica delle zone umide dell’Oristanese”, promosso dall’Associazione culturale Lucio Abis. “Per affrontare le minacce legate al cambiamento climatico - ha osservato il presidente Pietro Arca - servono strategie capaci di conciliare tutela ambientale e sviluppo locale”. Il professor Antonio Pusceddu, dell’Università di Cagliari, ha segnalato “alterazioni ecologiche sempre più evidenti dovute all’aumento degli eventi estremi”, mentre Pier Paolo Roggero, dell’ateneo sassarese, ha ammonito: “Ciò che è stato alterato in due secoli non si può recuperare in tempi brevi”. Dalla ricerca al territorio, la linea è chiara: serve una gestione integrata, come hanno ribadito il presidente dell’IMC di Torregrande Alberto Navone e Manuela Puddu, della Fondazione MEDSEA. I sindaci di Terralba,  Cabras, Arborea e Nurachi hanno sollecitato la semplificazione delle procedure e un osservatorio permanente sulle zone umide. La voce più concreta è arrivata dal mondo della pesca. Alessandro Porcu, presidente della cooperativa di S’Ena Arrubia, ha ricordato che “senza interventi di ripristino e manutenzione della laguna non si può andare avanti”. Gianvalerio Sanna, presidente del Consorzio Uno, ha invocato una strategia regionale che istituisca per legge i “contratti di fiume e di costa”. “Dobbiamo uscire dalla logica dell’emergenza e costruire una politica di prevenzione e formazione”, ha concluso l’assessora regionale all’Ambiente Rosanna Laconi, invocando una governance unitaria per gestire in modo efficace un patrimonio che rappresenta il 45 per cento delle aree umide sarde.

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