Consiglio di Uras non sciolto: i dimissionari ricorrono al Tar
Chiesto l’annullamento della delibera numero 34. Nel documento si parla di eccesso di potere e di erronea applicazione della giurisprudenzaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Detto, fatto. Il mancato scioglimento del Consiglio comunale di Uras ha portato i sette consiglieri (su 12) che il 30 settembre scorso hanno deciso di dimettersi, a presentare un ricorso al Tar. L’ultima spiaggia insomma, dopo che la Regione aveva fatto sapere che l’Ente non è intervenuto in quanto non ha più nessun potere di controllo, e che le controversie concernenti la legittimità dei provvedimenti dovranno essere devolute alla cognizione del giudice amministrativo". I dimissionari Alberto Cera, Luca Schirru, Rita Piras, Paolo Porru, Anna Maria Dore, Salvatore e Antonio Melis hanno chiesto al Tar l’annullamento della delibera numero 34 del 14 ottobre con oggetto la surroga del consigliere dimissionario Salvatore Tuveri e la convalida dell’eletto Emanuela Urraci, nonchè ogni altro atto consequenziale.
«Il numero dei consiglieri dimissionari (7) integrava in modo inequivocabile la soglia numerica della metà più¹ uno dei membri assegnati (12/2 + 1 = 7), condizione che determina lo scioglimento del Consiglio - si legge nel ricorso firmato dai legali Raffaele e Pietro Stefano Soddu - Ciò nonostante, lo stesso, ha ritenuto di non dover prendere atto della causa di scioglimento, ma di dover invece procedere alla surroga di uno solo dei consiglieri dimissionari. L’amministrazione ha addotto una presunta diversità di motivazioni tra le dimissioni di Tuveri ( rassegnate per motivi di salute) e quelle degli altri sei consiglieri (per motivazioni politiche). Sulla base di tale arbitraria e illegittima distinzione, il Consiglio ha ritenuto che le dimissioni di Tuveri fossero estranee all'obiettivo delle dimissioni collettive finalizzate allo scioglimento del Consiglio. Di conseguenza ha illegittimamente proceduto alla surroga in palese violazione delle chiare disposizioni normative».
Nel ricorso lungo sette pagine si parla di violazione, di falsa applicazione dell'articolo 141, di eccesso di potere e di erronea applicazione della giurisprudenza. «Il Testo unico degli Enti locali - si legge - non introduce una forma speciale di dimissioni, ma si limita a collegare un effetto giuridico (lo scioglimento) al verificarsi di un mero fatto (le dimissioni contestuali della maggioranza dei consiglieri), indipendentemente dalle motivazioni di ciascuno». I legali poi ricordano che l’attività amministrativa sta procedendo come se nulla fosse: «La permanenza in carica di un Consiglio che avrebbe dovuto essere sciolto - si legge ancora - consente l'adozione di atti e deliberazioni da parte di un organo privo della legittimazione democratica e legale, con conseguente grave alterazione del funzionamento dell'Ente e della volontà popolare. La prosecuzione dell'attività di un Consiglio "clinicamente morto" produce un danno grave all'ordinamento giuridico e alla certezza del diritto, che solo un'immediata sospensione del provvedimento impugnato può scongiurare. Ogni atto posto in essere da un consesso così illegittimamente costituito sarebbe a sua volta viziato in via derivata, con conseguente paralisi e incertezza dell'azione amministrativa e un danno grave per l'intera collettività». La camera di Consiglio dovrebbe essere convocata per il prossimo 17 dicembre.
