Il Consiglio comunale di Uras è salvo.

Il Tar ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato il 20 novembre dai sette consiglieri (su 12) che si erano dimessi il 30 settembre e che avevano chiesto di annullare la delibera numero 34 del 14 ottobre scorso con la quale era stato convocato il Consiglio comunale per la surroga di uno dei dimissionari, nonostante non ci fosse il numero legale.

Nella documentazione presentata dai dimmissionari ( Alberto Cera, Luca Schirru, Rita Piras, Paolo Porru, Anna Maria Dore e Antonio Melis) attraverso i legali Raffaele e Pietro Soddu, si parlava di falsa applicazione dell'articolo 141, di eccesso di potere e di errata applicazione della giurisprudenza.

Per i dimissionari era l'ultima spiaggia dopo che la Regione aveva fatto sapere che «all'Ente non sono più attribuiti poteri di controllo di legittimità sugli atti degli enti locali; infatti l’articolo 32 della legge regionale 4 febbraio 2016, numero 2, ha eliminato dall’ordinamento anche l’ultima forma di controllo di legittimità degli atti emanati dagli enti locali da parte della Regione, ovvero quella del controllo eventuale. Pertanto, eventuali controversie concernenti la legittimità dei provvedimenti assunti dagli enti locali dovranno essere devolute alla cognizione del competente giudice amministrativo». E cioè il Tar, come appunto è stato fatto. Aveva scritto testuali parole una funzionaria dell'assessorato agli Enti Locali, rispondendo alla nota ricevuta dalle cittadine Laura Dessì, Elena Caddeo e Maria Grazia Ibba che erano presenti come pubblico al Consiglio comunale dello scorso 14 ottobre, convocato senza il numero legale.

Il Tar però non la pensa così e scrive l'esatto opposto: "L'articolo 2 della legge regionale 7 dell'ottobre 2005, attribuisce, infatti, alla Regione la competenza a disporre lo scioglimento e la nomina del commissario, nonché la sospensione cautelare del consiglio fino a novanta giorni. Pertanto, il ricorso è dichiarato inammissibile, in quanto volto a censurare una delibera dal cui annullamento i ricorrenti non potrebbero ottenere l'utilità dagli stessi indicati".

Nella sentenza si legge, infatti, che i ricorrenti, e quindi i dimissionari, sono privati ​​di un interesse attuale e concreto all'annullamento della delibera. Il Comune quindi, guidato dal sindaco Samuele Fenu che per costituirsi in giudizio al fine di tutelare i propri interessi si è affidato ai legali Stefano Gabrielli e Luca Casula, per ora può tirare un sospiro di sollievo. 

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