Rabbia e delusione per gli alunni che a Ghilarza frequentano la sezione staccata dell'Istituto d'istruzione superiore Mariano IV di Arborea. Attendevano con ansia di poter lasciare da parte le video lezioni e di ritrovarsi a scuola in presenza. Hanno atteso la data del primo febbraio, ma oggi non hanno potuto far rientro in aula.

Per protesta gli studenti del liceo scientifico, linguistico e istituto professionale hanno scioperato disertando quindi le video lezioni. Solo a fine mattina oggi è arrivata la notizia tanto attesa: domani al 50 per cento si rientra in presenza. Prima però le rappresentanti di istituto Claudia Masala e Irene Castro hanno affidato lo stato d'animo degli studenti ad una lettera accorata. "Siamo qui per poter esprimere tutta la nostra indignazione riguardo al fatto che la nostra scuola non può rientrare per il 50% in presenza", dicono le rappresentanti di Istituto. "Il motivo sconcertante per il quale non ci viene data la possibilità di tornare a scuola non è dovuto all'emergenza Covid, ma ad un banale problema legato all'impianto di riscaldamento - proseguono le studentesse -. Infatti, nonostante i termosifoni sarebbero dovuti essere accesi da ormai tre mesi, nella nostra scuola ancora non se ne fa nulla".

Quindi le rappresentanti spiegano: "Da inizio settembre l'edificio è stato sottoposto a varie ristrutturazioni condotte dalla Provincia. Inizialmente queste ci hanno impedito di poter vivere al meglio il primo mese a scuola, in quanto non potevamo uscire in cortile per prendere un po' d'aria durante la ricreazione, o usufruire delle palestre, dell'auditorium e dei laboratori, i quali sono molto importanti per l'indirizzo professionale. Ora questi stessi lavori ci impediscono di rientrare in presenza". E sottolineano: "Per noi è stato assurdo tutto ciò poiché, nonostante ci fosse tutta l'estate a disposizione per poter fare questi lavori, noi alunni ci siamo ritrovati per tutto questo tempo impossibilitati da tutti questi eventi. Gli alunni sono stati un po' messi da parte dal Governo, per noi ciò è avvenuto due volte perché anche la nostra Provincia ci ha voltato le spalle".

Claudia Masala e Irene Castro sottolineano che non potevano tacere anche questa volta. Aggiungono quindi: "Abbiamo accettato a marzo la didattica a distanza, perché tutti si son trovati impreparati. E l'abbiamo capito. La didattica a distanza ci ha messo al riparo dal contagio in attesa di trovare misure adeguate. Una volta conosciuti i meccanismi di attacco del virus, si sapeva che gli unici antidoti erano il distanziamento e la mascherina. Abbiamo aspettato a settembre, dopo mesi difficili anche per noi. E l'abbiamo capito. A settembre siamo ritornati, ancora una volta senza un piano trasporti e controlli per gli assembramenti". E precisano: "A settembre è stata una falsa partenza e lì abbiamo iniziato a non capire. Ora non capiamo più, non sappiamo nemmeno fino a quando non si potrà rientrare a scuola". I ragazzi pretendono risposte e queste sono arrivate a fine mattina. "Siamo contenti, ma resta la delusione di non poterlo aver fatto già il primo febbraio. Quei lavori si potevano fare prima", sottolinea Irene Castro.
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