Conferenze, seminari, presentazioni di libri, tavole rotonde, laboratori di matematica, indagini statistiche, giochi e esperienze immersive tra scienza, corpo, movimento e tecnologia. Per tre giorni la città di Oristano si è trasformata in un grande laboratorio, per un totale di sessanta appuntamenti.

In campo studenti di tante scuole, docenti, ricercatori e pubblico per parlare di cultura scientifica, tecnologie e nuovi linguaggi. Ma non è mancata nemmeno l’attenzione verso l’ambiente: gli esperti hanno anche parlato del monitoraggio marino tra metodi tradizionali e innovazione con lo studio e l’analisi del Dna per salvare il futuro dei mari.

Chiude con successo la decima edizione del Festival Scienza Oristano. Il tema scelto per l’edizione 2025 è stato Tramas,  e cioè trame, intrecci tra varie realtà. Quello del prossimo anno sarà invece “Visioni”. Per tre giorni i ragazzi del liceo Classico De Castro, del Mariano IV d'Arborea (sedi di Oristano e Ghilarza) e dell'Istituto Tecnico Industriale “Othoca” hanno ospitato tanti altri loro “colleghi” provenienti da altri Istituti scolastici della città. Sono diventati professori per tre giorni, dopo una preparazione durata settimane con l’aiuto dei loro docenti.

«Nella nostra scuola abbiamo registrato numeri importanti -  ha spiegato Marco Corrias, docente del Liceo scientifico mariano Iv d'Arborea, martedì scorso al monastero del Carmine in occasione dell’inaugurazione ufficiale del Festival -  Grazie a questa manifestazione la scienza per i ragazzi diventa un'amica con cui dialogare, non una materia da temere, difficile da studiare. È stato bello vedere gli studenti relazionarsi con altri esterni». 

Martedì scorso ha inaugurato il Festival una conferenza a cura della Fondazione Imc con i suoi ricercatori Massimiliano Molari, Guadalupe Gimenez e Stefano Carboni. Hanno presentato la loro nuova sfida: lo studio del Dna catturato dall’acqua e dai sedimenti come strumento di monitoraggio marino, che permette di individuare le specie che sono presenti all’interno dell'ecosistema.

«Quelle di interesse commerciale ad esempio - hanno spiegato - Ma anche quelle migratorie, tossiche e rare, o quelle in fase iniziale che spesso sfuggono ai metodi tradizionali. Una tecnica non invasiva perché riduce la necessità di disturbare la vita marina - hanno detto - Ma riduce anche il lavoro sul campo e il tempo in laboratorio. Poi rileva simultaneamente specie appartenenti a diversi habitat». 

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