Detenuto Cesare Battisti. Scusa se inizio così ma non potrei iniziare con un "caro Cesare"; tanto meno con un "egregio signor Battisti". Non mi sei caro; tanto meno egregio. Neanche mi sarei preso la briga di scriverti se non fosse che sei stato mandato a scontare la tua pena a pochi chilometri da casa mia, nella nostra Diocesi di Oristano.

Cosa dirti? Ti dico che non mi è piaciuta tutta l'esultanza mediatica per il tuo arresto. Così come non mi è mai piaciuta la tua figura mediatica che in tutti questi anni ci hai offerto: quei tuoi atteggiamenti strafottenti, quel tuo continuo mostrarti sorridente e brindante. Avresti fatto meglio ad assumerti subito le tue responsabilità.

Ti sei dimostrato esperto a cercare le coperture giuste per garantirti una "latitanza a vita" e non hai letto - con lucidità - tutto ciò che nel tempo è successo in Italia e il percorso che la giustizia italiana ha affrontato -pur con sofferenza- su quei tristi "anni di piombo".

Da vent'anni e più i responsabili - anche di crimini "imperdonabili" - sono fuori dal carcere nonostante gli ergastoli ricevuti. Con immensa fatica in questi ultimi tre decenni si è cercato di ricostruire i rapporti.

I protagonisti degli "anni di piombo" hanno fatto percorsi in carcere; si sono confrontati anzitutto con se stessi, poi con i compagni di eversione, con lo Stato, con le associazioni di volontariato, sono usciti dal carcere.

Molti si sono pentiti sinceramente. Tanti si sono pentiti per calcolo di pena. Molti si sono soltanto dissociati dichiarando finite le condizioni che hanno prodotto e favorito l'esistere dell'eversione. Anche chi si è dichiarato "irriducibile" alla fine non ha scontato gli ergastoli ed oggi è a casa sua.

Tu ti sei ostinato nel sogno di essere il ragazzino che non deve rendere conto a nessuno. Se per tutte le volte che ti hanno filmato - almeno una volta! - avessi detto a tutti noi: «Signori: ero un arrogante e ai miei tempi gli arroganti si mettevano un vestitino di politica, giusto per darsi un po' di arie e non essere soltanto dei delinquenti.

Perché entrare in una gioielleria con una pistola è da delinquenti. Se però eri comunista allora non era una rapina qualunque ma si vestiva da "esproprio proletario". Ecco: quando ero ragazzo io ... ci dicevamo queste scemenze e ci credevamo».

La tristezza - detenuto Cesare - è che non hai neanche la parvenza di rivoluzionario: ma davvero credevi di instaurare "la dittatura del proletariato" ammazzando un Maresciallo degli Agenti di Custodia, un gioielliere, un macellaio, un Agente della Digos tuo coetaneo?

Nei filmati che in questi trentasette anni ci hai offerto dovevi come minimo avere un profilo da persona che sa di essere stato un cretino assassinante. Invece hai fatto lo spiritoso e l'intellettuale.

Questo ti ha reso definitivamente antipatico ed insopportabile. Vergognati per quanto sei stato stupido da giovane con le pistole facili e da adulto per i tuoi ghigni da impunito.

L'ultima cosa che ho da dirti è che spero tu adesso - tra sei mesi - non ci dica che ti dispiace. Troppo tardi: la Repubblica Italiana avrebbe accolto a suo tempo il tuo costituirti alla prima caserma o questura. È meglio se stai zitto. In questi trentasette anni hai già detto tutto.

Stare in carcere è duro e io non sono un giustizialista: se vorrai ti incontrerò. Perché sei un uomo e anche se ci hai offeso per quarant'anni... Tu vali più delle offese che ci hai fatto.

Don Francesco (parroco di Milis-Oristano)
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