Un filo magico capace di ricollegare la storia: lo sguardo di una bella Michela Murgia, opera di un writer (per ora) senza nome, che si rivolge verso la piazza, la chiesa e la casa, che della scrittrice di Cabras sono stati luoghi d’infanzia e di gioventù.

E non sembra casuale che un artista ancora misterioso abbia scelto le curve della strada che porta a San Giovanni di Sinis per offrire il suo tributo alla madre letteraria della più famosa Accabadora.

Il ritratto di Michela è grande, appariscente: vestita di nero, con lo stesso copricapo che indossava per dominare la copertina di una storica edizione di Vanity Fair. Spalle al paese, viso un po’ rivolto al mare e un po’ allo stagno, sorridente, verso quella passeggiata in cui i pomeriggi dei ragazzi di Cabras, degli amici di gioventù, trascorrevano tra chiacchiere, canzoni e primi amori.

C’è una scritta che si riflette ai lati del ritratto: le tre lettere di Ave, che su quel muro abbandonato e ora diventato tela preziosa, si possono anche leggere al contrario. E se non sono la firma dell’autore, quelle che sillabe, possono passare anche per riferimento ad “Ave Mary”, il titolo di uno dei libri più noti della scrittrice che ad agosto ha commosso l’Italia e lasciato orfani i lettori e i sostenitori delle tante battaglie portate avanti con coraggio.

In questi giorni, e non sembra un caso, di Michela Murgia è uscito il primo libro postumo, dettato nei giorni in cui la malattia ha reso tutto più difficile. E forse l’artista che ha riportato lo sguardo e il sorriso di Kelledda di fronte al suo stagno e alla sua chiesa non ha scelto per caso il momento di ricordarla.

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