«Un bianco che sa di rosso». Il rosso del sangue. Sono parole che deflagrano dopo la festa di San Giovanni a Fonni. Sono quelle di Rina Nolis, sorella di Salvatore, ucciso ai piedi del Gennargentu il 24 giugno di cinque anni fa, nel giorno di San Giovanni, festa di cui era il priore.

«So chi è l’assassino di mio fratello, ma non ci sono prove», dice la sorella che, dopo un post affidato al suo profilo Facebook, prova a rompere il muro del silenzio che ha circondato il delitto. Per la donna l’assassino ha sfilato nella processione, pochi giorni fa con una camicia bianca.

«Io non sono mai stata zitta. Ho sempre detto tutto alle forze dell’ordine, l’ho detto quando c’erano le indagini in corso e hanno fatto gli accertamenti, non ci sono prove, ma so chi ha ucciso mio fratello». Come fece nel primo Natale dopo il delitto rinnova l’appello: «Chi sa, parli».

La decisione

Le parole affidate ai social arrivano «con tanta sofferenza. Ci ho pensato tanto con mia sorella - spiega dalla sua casa fuori dall’Isola -. Siamo rimaste solo noi a chiedere giustizia». Mostra un coraggio che lascia in silenzio. Lo fa, dice, «perché voglio giustizia, ma ora oltre al danno c’è la beffa» spiegando così il motivo di quel post.

Ha deciso di scrivere pubblicamente di avere riconosciuto sui social quello che lei ritiene essere l’assassino di Salvatore, che un paio di giorni fa accompagnava il santo in processione. «Ho paura, ma il coraggio lo hai quando sai che sei nel giusto e nessuno ti difende, nemmeno chi, come lo Stato, avrebbe dovuto fare qualcosa e invece non l’ha fatto e tu sai che sei da solo. Perché noi siamo sole. Io voglio solo giustizia e che questa persona non possa indossare la camicia bianca e accompagnare un santo in processione davanti a tutti, al prete, al sindaco, alle autorità e che nessuno faccia niente. Per me questo va al di fuori di ogni logica».

Il post

«Nei video ho visto la processione accompagnata dai cavalieri de S’istangiardu e dagli altri, quelli con la camicia bianca. L’effetto era veramente bello e toccante. Credo che accompagnare il santo in processione e riportare a casa un cimelio storico e significativo come su “cohone ‘e vrores” sia una cosa importante e molto sentita da tutti i cavalieri. Tuttavia, qualcosa o qualcuno stonava, fortemente. Una camicia bianca era macchiata di rosso: il colore del sangue… l’ho vista solo io? Nessuno si è accorto? Arriva fino a tanto l’ipocrisia, che ci fa vedere solo quello che ci fa comodo? Permettiamo che la statua del patrono sia accompagnata da persona indegna? La processione è passata davanti a casa mia, qualcuno ha notato, almeno in quel momento, la forte dissonanza per il fatto che 5 anni fa il priore che abitava in quella casa è stato massacrato a fucilate la mattina di quella stessa festa?».

Il muro del silenzio

«Il problema è sempre lo stesso - ripete - nessuno si vuole esporre. Io ho sempre pubblicato e scritto, quello che potevo - racconta Rina -. Le indagini sono state fatte, ma non ci sono prove e tutto è messo a tacere». L’omicidio è stato archiviato. «Sono delusa da tutti. Nessuno parla. Quando mio fratello è stato ucciso erano le 9 del mattino in una giornata di festa ma nessuno ha visto niente. Mio fratello era una persona ben voluta da tutti, coinvolta in tutte le associazioni, carismatica, sempre col sorriso, però non era uno che si faceva mettere i piedi in testa. Non ha mia fatto nulla. Ha solo difeso quello che era suo dalle prepotenze che subiva. Solo per questo è stato ucciso da uno sicuramente col grilletto facile».

Fabio Ledda

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