La Corte d’Assise di Nuoro, presieduta da Giorgio Cannas (con Alessandra Ponti come giudice a latere), ha condannato a 25 anni di reclusione Graziano Pinna, allevatore di Borore, e Giovanni Sanna, allevatore di Macomer.

La sentenza di primo grado arriva a distanza di 17 anni dal sequestro lampo del direttore della banca Intesa San Paolo di Orosei, Gian Paolo Cosseddu, e di sua moglie, Pietrina Secce, avvenuto tra il 3 e il 4 ottobre 2007.

Secondo la ricostruzione, la notte del 3 ottobre i banditi fecero irruzione nell’abitazione della coppia, tenendoli in ostaggio. La mattina seguente, il 4 ottobre, costrinsero il direttore e sua moglie a recarsi nell’istituto di credito di Orosei per aprire la cassaforte e consegnare 40.000 euro.

«Le prove raccolte dai carabinieri di Nuoro contro Pinna e Sanna sono di natura indiziaria», ha ribadito la pubblica accusa sostenuta dal pm della Dda di Cagliari, Gilberto Ganassi, che ha sollecitato la pena a 25 anni. Tra queste, i tabulati telefonici e i riscontri ottenuti durante le indagini, come il soprannome “Caporà”, con cui uno dei banditi chiamava il complice. Questo dettaglio fu memorizzato da una delle vittime e successivamente emerse tra quasi mezzo milione di intercettazioni, collegando il termine a Pierpaolo Serra, (sospettato inizialmente e assassinato un anno dopo il sequestro) e a Pinna.

Anche l’improvvisa disponibilità economica di Sanna è stata considerata una prova rilevante: due giorni dopo la rapina estinse un debito e acquistò un’automobile in contanti.

Le difese, rappresentate da Marialuisa Vernier per Pinna e Danilo Mattana per Sanna, hanno contestato la ricostruzione dell’accusa, sottolineando gli alibi forniti, le incongruenze emerse nel dibattimento e le difficoltà nel ricostruire con precisione i fatti avvenuti tanti anni fa.

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