La morte del giovane dorgalese, Antonello Mereu, avvenuta in una cava di marmo di Orosei il 13 marzo del 2014 è stata «un’azione violenta e volontaria di ignoti». Un omicidio, e non un incidente sul lavoro, come finora si era sempre creduto.

A dirlo il medico legale di Torino Rita Celli e l’ingegnere Stefano Ferrigno, che lo mettono nero su bianco nella relazione tecnica disposta dal giudice di Nuoro, Alessandra Ponti, e depositata nell’ambito del processo per la morte del giovane 24enne di Dorgali in quello che si pensava essere un incidente sul lavoro in una cava di Orosei.

Il caso adesso si trasforma in un giallo.

I due professionisti, che verranno sentiti nella prossima udienza a marzo, infatti vanno oltre le ipotesi e provano anche a descrivere l’azione dell’aggressore. Sostengono che Mereu, in quel momento a lavoro, a causa del rumore della macchina non si è accorto dell’avvicinarsi del suo assassino.

Che probabilmente ha agito con un oggetto appuntino, un punteruolo, spinto sulla nuca con un martello e con un colpo secco. Una certezza che arriva dopo i dubbi che erano già emersi in fase di indagine, quando il medico legale Vindice Mingioni non aveva escluso il «maleficio», ipotesi che però all’epoca non convinse la Procura che perseguì la strada dell’incidente.

La consulenza oggi suona quasi come una sentenza, e riapre clamorosamente il caso della morte di Mereu.

Fabio Ledda

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