Si discuterà il 2 marzo prossimo davanti alla V sezione della Corte di Cassazione il ricorso presentato dal legale Luigi Alfano a seguito del rigetto da parte della Corte d’Appello di Roma dell’istanza di revisione del processo nei confronti di Gianfranco Cherubini, il 61enne condannato all'ergastolo per aver ucciso la moglie, Maria Pina Sedda, il 23 luglio 2002 a Nuoro.

I giudici decideranno solo sulla base degli elementi documentali.

Cherubini, già da fine 2020, si era affidato a un gruppo di esperti per approfondire alcuni dettagli e il team – formato da Davide Cannella, investigatore noto per esser stato consulente di parte di Pietro Pacciani e Mario Vanni nel processo al cosiddetto mostro di Firenze, ed Eugenio D'Orio, genetista forense - aveva scovato “nuovi elementi, mai emersi prima” utili per riaprire il processo.

In particolare si tratta di tre tracce di sangue e di un profilo genetico inedito la cui individuazione potrebbe, stando alla posizione della difesa, scagionare un uomo che ha davanti a sé la prospettiva del carcere a vita. Maria Pina Sedda, 42 anni e affetta da un grave deficit uditivo, era impiegata all'Ufficio del Registro di Nuoro. Il delitto è avvenuto nella cantina della casa di famiglia.

Le tracce ematiche su cui si concentrano i consulenti sono quelle ritrovate nel percorso a ritroso dalla cantina, in cui Maria Pina era stata ritrovata dal marito, che aveva poi dato l’allarme, fino alle scale e verso la via di fuga. Tracce che, secondo il legale di Cherubini e il suo team, potrebbero appartenere al vero assassino. A suo tempo erano state esaminate, ma il quesito affidato al perito si era limitato a capire se fossero o meno della vittima. Non lo erano, perché il Dna aveva il cromosoma Y che dimostra come fossero necessariamente di un uomo. Eppure non venne chiesto se quel sangue appartenesse a Cherubini.

(Unioneonline/s.s.)

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