«Quel giorno, era il 6 marzo del 2019, ero al campo sportivo del paese ma fuori dal servizio. Notai arrivare il pick-up dell'amministrazione comunale di Mamoiada. Alla guida c’era il sindaco Luciano Barone. Fece manovra, si è fermato è sceso, e dal cassone è sembrato svuotare qualcosa. Parlai allora con il comandante e decidemmo di avviare un’attività ponendo anche delle telecamere su quei cumuli. Riprendemmo sino all'estate la spazzatrice che puliva le strade sversare in quell’area, così come i camion della ditta Bassu che lavoravano al rifacimento del campo». A raccontarlo davanti al giudice del Tribunale di Nuoro, Francesco Filippo Orani, il maresciallo dei carabinieri a quel tempo in sevizio a Mamoiada, nel processo che vede imputato il primo cittadino Luciano Barone.

Quei cumuli di terra erano frutto dei lavori di rifacimento dell'impianto sportivo di Mamoiada, e rifiuti da pulizia stradale raccolti dalla spazzatrice della ditta nelle strade del paese e poi ammassato. Ma c’erano anche oli, «alimentari» ha specificato il tecnico Arpas Antioco Pili, chiamato dai carabinieri a fare un sopralluogo per capire la pericolosità, «oli che non abbiamo analizzato, ma erano evidenza di una favata».

Barone risponde dell'ipotesi dell'illecito di discarica abusiva. Insieme al primo cittadino, a giudizio anche Francesco Bassu di Orgosolo, che avrebbe lavorato come operaio nelle macchine operatrici di movimento terra nel cantiere del campo sportivo, e un operatore della raccolta differenziata di Mamoiada, Roberto Canneddu, che guidava la spazzatrice (difesi dagli avvocati Marco Basolu, Gianfranco Mureddu e Angelo Schirru di Cagliari).

«L’area interessata era ampia circa mille metri quadri, adiacente al campo sportivo, ma la sbarra quando andammo a fare il sopralluogo era aperta» ha raccontato il tecnico Arpas, Pili, rispondendo alle domande dei difensori e aggiungendo: Ci era stato chiesto un campionamento ma non lo abbiamo fatto».

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