Il sindaco di Orune è su tutte le furie. «L'ho visto sì, l'altra sera il servizio del Tg1 - racconta Michele Deserra -. Ma le dirò di più: ero con l'operatore della Rai quando ha ripreso i cartelli bucati a fucilate. Ho detto: "Attenzione, cogliete il messaggio vero"». Oggi i colori sono un poco sbiaditi, ma è dal dicembre 2015 che il Comune ha fatto dipingere fiori colorati sopra i fori dei segnali stradali assurti a tirassegno. «La pace e la cultura, queste sono le uniche risposte alla violenza. È questo quel che abbiamo voluto ricordare. Poi, è vero che qualche idiota che sforacchia i cartelli o spegne i lampioni a fucilate c'è sempre, ma non si può mettere in mezzo un intero paese».

IL PREGIUDIZIO - È quel che accade di tanto in tanto. Un servizio giornalistico che inciampa su luoghi comuni, superficialità, indelicatezza o pregiudizio e succede un pandemonio. L'altro ieri il Tg1, edizione serale, manda in onda il reportage di costume di contorno al Giro d'Italia, e all'altezza di Orune indugia sul cartello stradale ridotto a un colabrodo (arredo del paesaggio sardo, per la verità), ricorda che nel medesimo paese c'è stato un delitto solo due anni fa (l'uccisione di Gianluca Monni, studente diciottenne, della cui morte ricorre l'anniversario proprio oggi), e già che si parlava di banditi è stata messa in mezzo pure Orgosolo, 50 chilometri dalla suddetta tappa del giro e per nulla toccata dalla carovana rosa. Tutto questo all'ora di cena, in una giornata in cui il Nuorese si era agghindato a festa per accogliere i ciclisti. E alla fine questa stoccata? È venuto giù il mondo. Il presidente Francesco Pigliaru (peraltro per parte di padre originario di Orune) ha subito chiamato il sindaco del paese, ne ha condiviso lo sfogo e dopo ha fatto pure una telefonata al direttore del Tg1 Mario Orfeo il quale ha assicurato un prossimo servizio riparatore. Pubblicamente il governatore ha celato il fastidio concentrandosi sul successo del Giro («Tre giorni bellissimi - ha scritto ieri sera su Facebook -, di entusiasmo locale e di straordinaria visibilità internazionale per la nostra Regione. La Sardegna tutta ha dato spettacolo»), mentre dal suo blog Sardegna e Libertà l'assessore ai Lavori pubblici Paolo Maninchedda ha menato ceffoni. Ricordando «lo sforzo enorme» della Regione «per accogliere il Giro d'Italia e trasformarlo in un evento europeo di promozione del territorio», ha attaccato il Tg1 che ha fatto «un'operazione non giornalistica ma letteraria che rasenta il razzismo». Barbagia uguale banditismo. In pochi minuti, «si è annullato il lavoro di promozione di mesi». Riflessioni (visualizzate da 36 mila utenti e condivise da un migliaio) che hanno chiamato in trincea il popolo social.

LO SCIVOLONE - «Scivoloni del servizio pubblico che vanno condannati - dice il sindaco di Nuoro Andrea Soddu -. Un peccato, anche perché per il resto possiamo dire che in tutto il mondo sono arrivate le immagini di una Sardegna bellissima». Anche Nuoro, come Bitti, Oliena e Dorgali, ha accolto il passaggio dei ciclisti (tutto liscio, a parte la multa comminata dalla polizia stradale a due uomini in bici per aver invaso il circuito di gara poco prima dell'arrivo dei corridori. Uno dei due, un 42enne vestito di rosa, è stato bloccato da un agente in moto che ha speronato la bicicletta).

VOCE IN BILANCIO - «I luoghi comuni hanno rotto le scatole - avverte il sindaco di Orune -. Non si può demolire così una comunità, richiamando azioni commesse da un manipolo di idioti». Idioti che - va detto senza farci annebbiare dalla permalosità - abitano in mezza Sardegna, ma in Barbagia molte amministrazioni comunali hanno ancora in bilancio la voce "riparazione punti luce spenti a fucilate", sicché dichiarano guerra senza quartiere ai vandali pistoleri. A Orune, per dire, nel 2016 sono stati 35 i lampioni distrutti; quest'anno otto, va meglio. Sui cartelli stradali poi, manutenzione affidata alla Provincia, occorre dire che almeno fino a qualche tempo fa l'ente spendeva 50 mila euro all'anno per rimettere a posto i segnali sfondati dai pallettoni. I più sono però rimasti al loro posto. Un monumento all'imbecillità dei teppisti.

Piera Serusi

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