Il cielo di Nassiriya si fa muto e nero solo un attimo dopo le 10 e 40 dell’ora di Bagdad. È il 12 novembre del 2003. Vent’anni fa ad oggi. Quando i lapilli infuocati della grande esplosione stanno restituendo a rallentatore i corpi dilaniati, in molti non hanno ancora compreso il cataclisma che si è abbattuto sulla base militare italiana in Iraq, dedicata al vento che domina la Sardegna, il Maestrale. Ci sono i carabinieri dei nuclei speciali multinazionali. Ci sono i giovani militari sardi della gloriosa Brigata Sassari in missione nell’inferno del Medio Oriente. In quell’istante a Sant’Antioco, isola nell’Isola, nel profondo Sulcis, i battacchi del campanile della chiesa del Santo Martire non hanno ancora rintoccato le nove del mattino.

Il boato dell’inferno

Quando il boato ha già devastato la terra di Nassiriya, i corpi di chi si è salvato sono inginocchiati sulla polvere che brucia. Le mani sono strette sul sangue nero che sgorga da ogni capillare esploso insieme al meteorite a forma di camion carico di dinamite che due kamikaze hanno lanciato contro la base tricolore in terra straniera. Sono passati vent’anni, ma quei fotogrammi bruciano come allora. Anime squarciate per sempre, quelle dei reduci e delle famiglie di dodici carabinieri, cinque soldati dell’Esercito, due civili. Con loro, nell’estrema missione celeste, anche nove iracheni.

Occhi di fuoco

Gli occhi sono di fuoco, incapaci di guardare quella strage che ancora brucia nel deserto più dilaniato di sempre, quello iracheno. Nel quartier generale italiano, in teoria missione di pace in Iraq, l’inferno non ha mai bussato, ha sfondato direttamente l’ingresso con un’autocisterna stracarica di esplosivo, capace di far saltare per aria ogni speranza di vita. I corpi, quelli rivoltati per sempre dall’inferno, sono riversi tra un cataclisma di lamiere aggrovigliate come solo un uragano di dinamite può fare.

Figlio di Sardegna

Lasciano per sempre la vita in terra straniera e lontana. Il viaggio di ritorno più drammatico è quello che la storia nefasta riserva a Silvio Olla, 32 anni, sottufficiale sardo del 151esimo Reggimento della Brigata Sassari. Un ragazzo tutto generosità e dedizione. La stessa che lo ha portato via alla sua famiglia e alla sua Sant’Antioco. Ogni anno, in quel giorno maledetto, le intime lacrime della memoria sgorgano silenziose, come se la verità su quella strage non dovesse mai far posto alla rabbia. Eppure, nonostante il cordoglio, per molti e da molto tempo, si sia trasformato in retorica dell’anniversario, in cuor loro, reduci e familiari delle vittime, non disperano di incontrare nel loro calvario della memoria risposte di giustizia e verità. Ci sono, infatti, su quella strage infinite omissioni e altrettante verità scolpite in verdetti senza appello, vergate in sentenze civili della Cassazione, passate in giudicato. E poi ci sono le missive riservate dei servizi segreti, pesanti come macigni che avevano ripetutamente previsto quel che poi è drammaticamente accaduto.

Verità giudiziaria

Una verità giudiziaria che lo Stato tenta ancora di tenere sottotraccia, quasi che non esistesse quel pronunciamento dei Giudici. Una missione che doveva essere di pace, trasformata prima in una carneficina e, poi, in una pietosa resa occidentale ai talebani. Una presenza italiana a Nassiriya che ha finito per alimentare, negli anni sempre di più, infiniti sospetti sul motivo per il quale il contingente sardo-italiano sia stato dislocato proprio in quell’area, tanto pericolosa quanto sconosciuta. Di certo si sa quella base operativa nel cuore dell’Iraq, con doppia bandiera, quella dei quattro mori e il tricolore, era dislocata proprio nella terra del petrolio e dell’uranio. Quel che sconcerta è la verità processuale con quegli allarmi ripetuti del Sismi, i servizi segreti che avevano messo in allerta i vertici della Missione Antica Babilonia.

Gli allarmi degli 007

La scansione temporale e la precisione dei messaggi degli 007 militari è disarmante. Il primo messaggio è del 23 ottobre: «è pianificato un attacco ad un obbiettivo al massimo entro due settimane». Il 25 ottobre, con precisione fin nei colori del mezzo, scrivono: «l’attentato sarà compiuto con un camion di fabbricazione russa con cabina più scura del resto». Il 5 Novembre informano il comandante della missione: «un gruppo di terroristi di nazionalità siriana e Yemenita si sarebbe trasferito a Nassirya». Una missione senza tutela e senza sicurezza. Lo confesseranno gli stessi terroristi: «è stata scelta per la sua palese vulnerabilità».

Speciale Nassiriya

Fatti e misfatti che verranno messi sotto i riflettori nello speciale di Videolina in onda oggi sulla prima emittente sarda alle 10.40, l’ora esatta della strage di vent’anni fa. Nello speciale anche l’intervista esclusiva e drammatica ad un reduce di quell’attentato, Riccardo Saccotelli. Nel corso del programma sarà esaminato anche il contenuto esplosivo dei cablogrammi dei servizi segreti. Lo speciale andrà in replica anche alle 15.00 e alle 23.00, sempre oggi su Videolina.

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