Chi aveva l'obbligo di informarmi della morte di un concittadino non l'ha fatto. Peggio: ha negato che fosse legata al coronavirus. Silenzio tombale anche sul contagio di tanti altri. Ho chiesto notizie e mi è stato risposto di telefonare in orari d'ufficio. Un atteggiamento irresponsabile mentre la pandemia continua a uccidere».

Enrico Pusceddu è il sindaco di Samassi. Storico dell'arte e ricercatore all'università di Barcellona, è sulla soglia dei cinquant'anni: «Temo che sarò costretto a rinviare i festeggiamenti». Seduto dietro la scrivania, in Municipio, è una furia in fascia tricolore: «Sono in servizio ventiquattr'ore su ventiquattro, come tutti i colleghi. La Regione ci ha abbandonato nel momento più difficile dal secondo dopoguerra».

Come vi proteggete dal rischio di contagio?

«Abbiamo solo la versione cinese dell'amuchina, niente guanti e mascherine».

Lei ha adottato subito la linea dura.

«Oggi - domenica - sarebbe dovuto essere il giorno clou della sagra del carciofo. Fortunatamente le persone hanno preso coscienza del gigantesco problema che stiamo affrontando. Nel paese tutti abbiamo un orto se non due: ho dovuto firmare un'ordinanza per impedire a chi ha più di 67 anni di andarci per curare gli animali e annaffiare le colture».

Chi le ha comunicato il decesso per coronavirus?

«L'Unità regionale che gestisce l'emergenza mostra quotidianamente tante, troppe inefficienze tecniche. È giusto dirlo perché la gente sta morendo e non si può far finta di niente».

La vittima a Samassi?

«Ho scoperto la verità leggendo L'Unione Sarda. Nel frattempo avevo autorizzato la sepoltura senza sapere che il tampone fosse positivo. Nessuna comunicazione ufficiale neppure per il contagio della moglie, nonostante il sindaco sia per legge l'autorità sanitaria locale. Non so il numero dei tamponi fatti né il numero dei positivi. Roba da pazzi».

Cittadini in quarantena?

«L'ultima comunicazione l'ho ricevuta il 20 marzo, senza intestazione, con quattro nomi. Purtroppo devo rincorrere le voci che, fossero vere, sarebbero inquietanti».

L'Ats?

«So che ha contattato chi ha incontrato l'elettricista deceduto. Bene: non ho un dato, non so chi è in quarantena. Il morto era conosciutissimo, il raggio d'azione infinito. Senza un lavoro coordinato si rischia di soffiare sul fuoco del contagio».

Teme che il virus si sia diffuso in sordina?

«C'è una persona che risiede a Sanluri con una moltitudine di legami a Samassi. Ho saputo per vie traverse che è positivo, ricoverato a Cagliari. Mi avessero avvertito per tempo avrei potuto prendere le precauzioni necessarie. È un esempio, ne posso fare molti».

Li faccia.

«Di sicuro c'è un contagiato a Sanluri, ce ne sono a Samassi e Serrenti che confinano con Villacidro e Serramanna: si rischia il crollo del Campidano. Non c'è un protocollo operativo, quando si accerta un caso non sai cosa fare».

Lo scambio di notizie con la Regione?

«Al numero verde 1500 non risponde mai nessuno. A quello regionale spiegano che devono coordinare e non possono fornire informazioni. Venerdì scorso dall'altra parte del telefono ho trovato un ragazzo gentilissimo. Mi ha messo in attesa e ha tentato di trovare una risposta alle mie domande. Gli hanno detto: sono notizie che possiamo dare solo durante gli orari d'ufficio ».

Tutto qui?

«Ieri dall'Ats mi è stato detto che sarebbe venuto un dirigente a parlare con me. Da quel momento non ho saputo più nulla».

Quand'è morto l'elettricista?

«Alle 3 del 17 marzo. La moglie è stata messa immediatamente in isolamento. Ho segnalato che soffriva d'asma e non poteva restare sola. L'hanno prelevata da casa alle 18 del giorno successivo senza avvertirmi né tantomeno comunicare il nome dell'ospedale in cui è stata ricoverata».

Il certificato di morte?

«C'è scritto che il decesso è stato causato dall'arresto cardiocircolatorio, neppure una sillaba sul virus».

La paura più grande?

«La fiducia dei cittadini in questi giorni è tutto: se la perdiamo chi rispetterà più un'ordinanza comunale? Come posso essere credibile se dico che un concittadino è morto di infarto e invece si scopre che aveva il coronavirus»?

Cosa chiede alla Regione?

«Un numero unico riservato ai sindaci. Un tecnico che risponda e dica esattamente cosa fare. E poi il coordinamento degli enti in campo. Non possono lavorare in maniera distaccata e parallela Protezione civile, Ats e Comuni. Le vite dei cinquemila residenti di Samassi sono sulle mie spalle, non sulle loro. E poi...»

Dica.

«Dobbiamo dare certezze e infondere sicurezza. Altrimenti ai morti di coronavirus si sommeranno quelli di crepacuore».

I social spesso diffondono notizie false.

«Ho appena denunciato un caso ai carabinieri. C'è un audio che accusa - senza fondamento - le figlie dell'elettricista deceduto di essere le untrici arrivate da Milano: vivono in Svizzera e in Germania, sono state qui all'inizio dell'anno e mai più».

Perché il morto di Samassi non è stato incluso nel bollettino ufficiale della Regione?

«Hanno fatto un macello. Ho fatto seppellire una persona sulla base di un certificato che non citava il virus: ci potrebbero essere implicazioni di natura penale».

La soluzione?

«Ci sono gli strumenti per mettere a posto la macchina rapidamente e recuperare il tempo perduto. Bisogna avere la volontà. I sindaci sono pronti a fare tutto ciò che serve per evitare il tracollo».

Paolo Paolini
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