«Le coste di Cagliari e Oristano rischiano di essere sommerse entro il 2100»: l’allarme dei ricercatori
Secondo uno studio della Società Geografica Italiana il Paese potrebbe perdere il 40% delle sue spiagge nel corso del secoloPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Cagliari e Oristano potrebbero ritrovarsi, entro la fine del secolo, con intere aree sommerse sotto il livello del mare. È la preoccupante fotografia che emerge dal rapporto “Paesaggi sommersi” della Società Geografica Italiana, presentato oggi, che invita a ripensare le città costiere e a progettare nuove strategie di adattamento. Gli scenari più critici in Sardegna riguarderebbero le coste del Cagliaritano e dell’Oristanese, territori che nei prossimi decenni potrebbero mutare profondamente rispetto a come li conosciamo oggi.
Ma la Sardegna non è un caso isolato, e i tempi potrebbero essere anche più rapidi: secondo lo studio, l’Italia rischia di perdere il 20% delle proprie spiagge entro il 2050 e fino al 40% entro il 2100. Tra innalzamento dei mari, erosione, pressione urbanistica e demografica, oltre 800 mila persone nel Paese sarebbero a rischio ricollocazione. A preoccupare, oltre alle coste sarde, ci sono anche l’Alto Adriatico, la zona del Gargano e diversi tratti del litorale tirrenico tra Toscana e Campania. Il rapporto evidenzia inoltre come la metà delle infrastrutture portuali italiane, più del 10% delle superfici agricole e gran parte di paludi e lagune siano esposte al rischio di sommersione, in particolare il Delta del Po e la Laguna di Venezia.
Uno scenario, quello delineato dal rapporto, che impone di affrontare questioni cruciali come la difesa delle coste, sempre più affidata a barriere artificiali che oggi proteggono oltre un quarto dei litorali bassi. A questo si aggiunge la pressione turistica, con i comuni costieri che concentrano il 57% dei posti letto italiani: uno sviluppo spesso incontrollato che sta accentuando la crisi ambientale. Preoccupa anche la salinizzazione dei terreni agricoli: nell’estate del 2023 il cuneo salino ha risalito il Delta del Po per oltre 20 chilometri, mettendo a rischio le coltivazioni e la disponibilità di acqua potabile. Inoltre le aree protette, cruciali per la biodiversità, che tutelano il 10% delle acque e delle coste italiane, raramente dispongono di un piano di gestione adeguato.
Nel complesso porti e infrastrutture connesse si estendono in Italia per 2.250 chilometri, e rischiano di essere pesantemente compromesse, con gravi effetti sulla qualità dei sistemi logistici. In ogni caso, il catastrofismo non è la chiave di lettura dello studio. Dalla Società Geografica Italiana arriva un invito alla cautela: «Occorre offrire ai decisori politici un quadro realistico e bilanciato, da cui partire per mettere in campo interventi concreti di mitigazione»
(Unioneonline/v.f.)
