I pazienti sardi che vanno a curarsi fuori dall’Isola sono tantissimi: dal 2012 al 2021, secondo quanto certifica la Corte dei conti, la Sardegna ha pagato alle Regioni del Nord 742,6 milioni di euro (la cifra maggiore nel 2020, 90 milioni 426mila euro) per la fuga dei suoi cittadini verso strutture dove evidentemente trovano qualità, quantità e tempi di assistenza migliori.

Soldi che forse potevano essere investiti a livello locale per apparecchiature all'avanguardia, accorciare le liste d'attesa, pagare di più i medici, potenziare la medicina nei territori. Invece, l'Isola è ultima in Italia nella classifica del soddisfacimento dei Livelli essenziali di assistenza (con un tasso di appena il 56%).

«I dati sulla mobilità sanitaria extra-regione fanno riflettere, e sono uno stimolo ulteriore a migliorare. Stiamo lavorando in questo senso: avere cognizione delle richieste e delle necessità della popolazione, e dare a ciascun ospedale la propria "mission", attraverso gli atti aziendali in via d'approvazione. Non tutti possono fare tutto, e non esistono presìdi di serie A, B o C, ma presidi a differenti intensità di cure nel rispetto dei principi di sicurezza e qualità. Basta con i campanili, e i primari che vogliono fare di testa loro devono rientrare nei binari. Oggi più di ieri è tempo di ottimizzare le risorse a disposizione e dare risposte concrete e celeri all'utenza», commenta Carlo Doria, assessore regionale alla Sanità, in carica da fine novembre.

(Unioneonline)

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