Gli italiani sono sempre più vecchi e fanno sempre meno figli. E la Sardegna non fa eccezione.

È quanto emerge dalla fotografia demografica scattata dall'Istat, che ha rilevato come nel 2015 nello Stivale i morti sono stati 653 mila, 54 mila in più dell'anno precedente (+9,1%). Il tasso di mortalità, pari al 10,7 per mille e concentrato nella fascia 75-95 anni, è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi.

Nel contempo, frena anche l’andamento, finora sempre positivo, dell’aspettativa di vita: per gli uomini è di 80,1 anni (era 80,3 nel 2014), per le donne 84,7 (85 un anno fa).

Dati negativi che si sommano al nuovo minimo storico delle nascite dall'unità d'Italia ad oggi, ed all'emigrazione che è ripresa con la crisi economica senza fine di questi anni.

LA SARDEGNA - Per quanto riguarda l'Isola ci sono aspetti positivi e negativi nel fatto che le sarde facciano meno figli del resto delle italiane (1,1 a testa) e che l’età media del parto sia la più elevata del Paese, 32,3.

Per il quinto anno di seguito - la tendenza è diffusa in tutte le regioni - alla bassa propensione alla fecondità, «largamente insufficiente a garantire il necessario ricambio generazionale», continua ad accompagnarsi la scelta di rinviare sempre più in là il momento in cui avere un bimbo.

Il sociologo Nicolò Migheli dice che «la Sardegna è il luogo dove le donne, da trent’anni, hanno usato maggiormente la pillola, un dato curioso, perché contrasta con l’immagine di una società tradizionale e rurale ma allo stesso tempo combacia con il ruolo forte delle donne nell’Isola. Donne autonome, che decidono della loro vita».

E questa è la lettura positiva del fenomeno. D’altro canto, aggiunge Migheli, «basta andare a vedere cosa accade in Francia, dove l’uso del contraccettivo non è certo inferiore, ma il tasso di natalità è molto più alto. E il motivo è semplice: lì c’è un welfare che “premia” chi si riproduce, qui chi fa un bambino è penalizzato, in termini di reddito, di sostegno, di mancanza di servizi. Noi non abbiamo una politica della famiglia da circa mezzo secolo».

I DATI NAZIONALI - In termini assoluti il calo della popolazione residente è stato del 2,3 per mille, era dal 1952 aumentare la popolazione, salvo una riduzione congiunturale dello 0,1 per mille nel 1986. In termini assoluti la riduzione corrisponde a 139 mila unità in meno, il che determina al 1° gennaio 2016 una popolazione totale di 60 milioni 656mila residenti.

Il dato nasce dalla differenza tra gli stranieri che sono 5 milioni 54 mila e crescono di 39 mila unità, e coloro che hanno la cittadinanza italiana, che sono 55,6 milioni, e calano di 179mila unità.

Il calo maggiore della popolazione è avvenuto nel Mezzogiorno (-3,1 per mille) rispetto al Nord (-1,8) e al Centro (-2,1). In questo panorama, Lombardia (+0,5 per mille) e, soprattutto, Trentino-Alto Adige (+2,3) rappresentano le uniche realtà in cui la popolazione aumenta.

A pesare nel 2015 il saldo naturale negativo di -221 mila unità, l'Istat registra un significativo aumento dei decessi che sono stati 653 mila, ben 54 mila in più rispetto al 2014 (+9,1%), con un aumento record a luglio del 20,3%.

Le zone più interessate dall'aumento di mortalità sono quelle del Nord-ovest, Piemonte e Lombardia registrano incrementi, rispettivamente, del 10,1% e del 10,6%.

Più colpite le donne: circa 34 mila decessi in più (+10,9%) contro i 21 mila in più degli uomini (+7,1%).

Nel 2015 le nascite sono stimate in 488 mila unità, ben quindicimila in meno rispetto all\'anno precedente: è un nuovo record di minimo storico dall\'Unità d\'Italia, dopo quello del 2014 (503 mila). Il tasso di natalità scende così dall\'8,3 per mille nel 2014 all\'8 per mille nel 2015.

Non si riscontrano incrementi di natalità in alcuna regione del Paese e soltanto Molise, Campania e Calabria mantengono il medesimo tasso del 2014.

E si va riducendo anche il contributo delle cittadine straniere alla natalità: i nati da madre straniera, infatti, scendono a 93mila ossia oltre 5 mila in meno (-5,4%) del 2014. Quelli da madre italiana, dal loro canto, scendono a 394 mila riducendosi di oltre 9 mila (-2,4%). Cala così anche il numero medio di figli per donna a sceso a 1,35.

L'età media delle madri al parto al contempo sale di un ulteriore gradino portandosi a 31,6 anni contro i 31,5 del 2014 (31,3 nel 2010). Se si considerano le sole cittadine italiane danno mediamente vita a 1,28 figli (contro 1,29 del 2014). Sempre più un Paese per vecchi dunque, con gli ultrasessantacinquenni che passano da 13,2 a 13,4 milioni in termini assoluti, e dal 21,7 al 22% in termini relativi.

I residenti di 75 anni e più, i più penalizzati dall'aumento di mortalità, passano nell'insieme da 6,7 a 6,8 milioni. Scende così a 39 milioni la popolazione in età attiva (15-64 anni) che oggi rappresenta il 64,3% del totale (64,5% un anno prima).

Scende infine logicamente anche la quota di giovani fino a 14 anni di età, dal 13,8 al 13,7% del totale. In complesso quindi l'età media della popolazione si accresce di ulteriori due decimi, arrivando a 44,6 anni.

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