L’interrogativo senza risposta e pressoché quotidiano: «Perché? Perché proprio a me?». Un grido nel vuoto ma pieno di dignità, mentre cerca di tirar dentro più aria possibile.

Carlo Mascia ancora non ha preso confidenza con la carrozzina. Si sistema meglio sul groviglio di ferro divenuto prolungamento d’un corpo che ha iniziato a far le bizze, mostrando i primi morsi feroci della Sla diagnosticata due anni e mezzo fa.

Dopo aver dedicato la sua vita a migliorare quella degli altri, ora Carlo combatte la sua nuova battaglia contro la malattia senza cura. Insieme a lui ci sono i ragazzi della Olimpia Onlus, quei disabili (perlopiù intellettivi) a cui ha ridato vita e dignità. Quelli che lo chiamano “Papà Carlo”, e che ora assistono lui. «Mi aiutano a mettere il pigiama, a legarmi le scarpe e spingono la carrozzina», racconta Carlo mentre li osserva in una delle tante mattine trascorse al bowling. E ancora una volta sembra metterli davanti anche a se stesso. Nonostante la Sla. 

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