Ivan Pirina, 49 anni, il medico scalatore di Arzachena impegnato nell’impresa della scalata del monte Manaslu (8163 metri), nella catena dell’Himalaya, in Nepal, ha dovuto interrompere la propria impresa. «Purtroppo non è un aggiornamento che avrei voluto darvi, ma le cose sono andate così e lo si deve accettare», ha comunicato Ivan.

«Rinunciare perché ti rendi conto di non esser preparato è difficile, farlo perché hai contratto una infezione che ti ha costretto a tornare anticipatamente a Kathmandu e finire in ospedale è ancora più atroce». Comprensibile l’amarezza e la delusione di Ivan Pirina che si preoccupa tuttavia di rassicurare i familiari e coloro che lo seguono con attenzione ed l’entusiasmo.

«Voglio rassicurarvi tutti - ha scritto - sulle mie condizioni; vanno abbastanza bene, niente di troppo serio, ma sicuramente incompatibili col proseguire una simile scalata. Gli obiettivi erano altri, ma la cosa più importante resta e resterà sempre la salute (come potrei dire diversamente da medico). Spiace soprattutto che la ns bandiera, almeno per questa volta, non sventolerà sulla cima di una montagna».

Ivan Pierina si riferisce allo stendardo del Comune di Arzachena che, in occasione della presentazione della spedizione, in piazza Risorgimento, gli consegnò lo scorso 29 agosto, l’assessora al Turismo, Claudia Giagoni. Qualche giorno fa, il 13 settembre, in una precedente comunicazione Ivan aveva informato mancare ancora circa 3500 m dalla vetta. «Per avere una idea di cosa siano - aveva spiegato - immaginate di impilare Tavolara 6-7 volte e guardarla dal livello del mare», aveva scritto.

Ivan Pirina, quando presentò al pubblico arzachenese la sua impresa, ammise che era ardua, considerato che solo poco più del 30% degli alpinisti riescono a raggiungere la vetta, che è di ben 8163 metri, quasi due volte quella del Monte Bianco (da Pirina peraltro scalato nel 2020). 

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