L'assestamento di bilancio per il 2019 approvato lunedì scorso consente al governo di spostare all'autunno l'iter della procedura d'infrazione contro l'Italia per deficit eccessivo causato da elevato debito pubblico. Alla richiesta di Bruxelles di attuare una correzione di bilancio sul 2019, il governo ha risposto positivamente con una manovra da 7,6 miliardi, finanziata dai proventi di Banca d'Italia, Cassa Depositi e Prestiti e altre partecipate, dai minori impegni su reddito di cittadinanza e quota 100 e da maggiori entrate dovute alla fatturazione elettronica. Ciò consente un assestamento per l'anno in corso che riduce il rapporto deficit/Pil dal 2,4 al 2,04%, proprio come voleva l'Ue.

La decisione del Governo, voluta da Conte e Tria, ma presa in assenza di entrambi i vicepremier, ha ricevuto il plauso del presidente Mattarella. La riunione della Commissione che doveva decidere se raccomandare o meno all'Ecofin l'avvio della procedura sul debito contro l'Italia è slittata ad oggi. Si prevede una sospensione a fine anno nell'avvio della raccomandazione, utile per verificare come l'Italia intenda impostare la prossima manovra di bilancio per il 2020.

La vera partita negoziale con l'Ue resta infatti tutta aperta con riguardo alla prossima legge di bilancio. La Commissione chiede una riduzione della spesa pubblica dello 0,1%, da fare con un aggiustamento strutturale dei conti pubblici dello 0,6% del Pil, pari a circa 10 miliardi. Cifre ben distanti dalle promesse di tagli alle tasse in deficit annunciati da Salvini.

Al riguardo, la lettera di Conte alla Commissione di qualche settimana fa ricorda che il Parlamento ha impegnato il governo a riformare l'Irpef e a evitare gli aumenti automatici dell'Iva per 23 miliardi previsti dalle clausole di salvaguardia. Per la Lega, la riforma dell'Irpef dovrebbe essere fatta con l'introduzione della flat tax, il cui costo viene fatto oscillare tra un minimo di 10 e un massimo di 15 miliardi. Quindi, il costo delle maggiori risorse da reperire, solo per queste due misure, oscillerebbe tra i 33 e i 38 miliardi. Cifre che per la Commissione Ue, se confermate, andrebbero finanziate con nuove tasse o riduzioni di spesa, non certo in deficit spending come vorrebbe fare Salvini.

Quest'ultimo sostiene di avere le coperture per entrambi i provvedimenti, ma Di Maio controbatte che esse esistono solo nella "propaganda a mezzo stampa" dell'alleato di governo. In realtà, sostiene il capo politico dei 5Stelle, lo strappo di Salvini sulla flat tax, fatto proprio mentre si sta negoziando con la Ue il modo per evitare la procedura d'infrazione, è solo un pretesto per far saltare il tavolo del governo e andare ad elezioni anticipate. Ma Salvini non demorde e sostiene che farà saltare il governo solo se gli dicono no alla flat tax. Quanto alla procedura Ue, la definisce "folle" e "preoccupante", ma si dice ottimista che non ci sarà. Tuttavia, non fa nulla per evitarla.

Purtroppo, il male dell'eccessivo debito pubblico italiano non se lo è inventato l'Europa, ma ce lo siamo creato noi con le politiche di deficit spending che Salvini vorrebbe perpetuare.

Come risolvere il puzzle? La Commissione Ue offre al governo un'opportunità di soluzione. Conte e Tria, che vogliono davvero evitare la procedura, fanno riferimento al Def di aprile, dove si indica che il «processo di riforma delle imposte sui redditi (flat tax) deve viaggiare nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica». Perciò, si potrebbe avviare un primo modulo di flat tax compatibile coi vincoli di bilancio. Sempre che Salvini non decida di far saltare il banco con le elezioni anticipate, che Conte e Di Maio non vogliono. Ma anche Salvini deve meditare sul crollo generale dell'indice di gradimento del governo e dei suoi principali esponenti evidenziato nell'ultimo sondaggio di Pagnoncelli e pubblicato nei giorni scorsi dal Corriere della Sera.

Beniamino Moro

Docente di Economia Politica

Università di Cagliari
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