L’emigrazione si può combattere con un’arma formidabile: l’immigrazione.

Ci sono paesi condannati a scomparire. I giovani fuggiti, le scuole chiuse per mancanza di studenti, le case vuote, le terre secche, i vecchi soli ad aspettare la fine. E poi ci sono migliaia di persone che sbarcano nell’Isola: le accogliamo male e riserviamo loro un futuro senza chance.

Secondo la Cgil Sardegna cambiare si può. "Dobbiamo considerare il flusso di migranti come un’opportunità da cogliere e non come un fenomeno da contrastare", sottolinea il segretario generale, Michele Carrus.

Così ecco un progetto che sta muovendo i primi passi, e sarà presentato al vescovo di Ales nei prossimi giorni.

Per decollare ci sarebbero pure le risorse: i fondi europei e nazionali per i rifugiati gestiti dalle prefetture, i fondi per le aree interne destinati all’Alta Marmilla, il patrimonio edilizio in disuso nei comuni interessati, i fondi per la creazione di cooperative sociali.

"L’obiettivo è quello di favorire l’inserimento di famiglie di migranti con bambini in contesti colpiti dallo spopolamento", spiega Caterina Cocco, la segretaria regionale del sindacato che sta curando il piano.

"Da una parte abbiamo comunità che vogliono rilanciarsi e hanno l’opportunità di usufruire degli aiuti del programma strategico nazionale per le aree interne. Dall’altro, dobbiamo pensare che possiamo puntare su uomini e donne che devono ricostruire da zero la loro vita e potrebbero essere disponibili a farlo nei nostri paesi, trasferendosi nelle case sfitte, mandando i bambini a scuola, lavorando in agricoltura o nell’allevamento, partecipando ad attività economiche e contribuendo ad arricchire il progetto con la loro cultura ed esperienza".
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