Il futuro dei 74 appartamenti che danno su piazza Granatieri di Sardegna, quartiere di Is Mirrionis, costruiti negli anni '50, si deciderà nel giro di un mese.

"Entro metà settembre ci sarà l'incontro decisivo con la Regione", assicura l'assessore comunale ai Lavori pubblici Gianni Chessa.

Argomento del vertice: il tentativo di dare nuova vita a case "concepite male, malsane, piene di muffa", denuncia l'esponente sardista della Giunta guidata dal sindaco Massimo Zedda.

Due le possibilità: ristrutturare gli edifici, neanche tutti (quelli dal civico 4 al civico 9, circa una trentina), oppure abbattere ogni palazzina e poi ricostruire da capo. Strada quest'ultima non prevista dall'attuale finanziamento ma che potrebbe diventare priorità.

C'è un problema però, e non da poco: servono altri fondi.

TRENTA CASE - In questo momento l'amministrazione comunale ha a disposizione 3,4 milioni di euro (tre di provenienza regionale), sufficienti a coprire le spese previste per ammodernare quella trentina di unità abitative.

La somma è stata recuperata attraverso un bando dalla prima Giunta Zedda (2011-2016) e sarà utilizzata, secondo le attuali previsioni, per sistemare le facciate (saranno dotate di un rivestimento a cappotto), gli spazi cortilizi, gli infissi (di nuova generazione) e le fognature.

"Però per come sono fatte le case, tra le peggiori della città, non sarà possibile eliminare le barriere architettoniche, costruire gli ascensori, sistemare le sedie meccaniche sulle scale per far salire chi ha difficoltà a deambulare, sottolinea Chessa, il cui giudizio sull'insediamento non è tenero: "Sono le nostre favelas".

"ABBATTERE" - L'intervento non interesserà la parte restante delle abitazioni, ristrutturate in passato grazie a un finanziamento di 5 milioni di euro stanziato durante la consiliatura del sindaco Emilio Floris.

Per eseguire ulteriori opere anche in questi edifici servirebbero altri 2 milioni di euro, spiega l'assessore Chessa.

A questo punto però "con 5,4 milioni di euro disponibili si potrebbe fare qualcosa di diverso: abbattere tutto e ricostruire. Sarebbe la strada più utile per i residenti, che hanno vissuto per anni in condizioni malsane". Strada complicata, al momento, per l'assenza di denaro e perché i 3,4 milioni pronti in realtà sono legati alla prevista ristrutturazione. E infatti è stato chiesto un incontro alla Regione per «cambiare la formula» e procedere, per quanto possibile, in modo differente.

LA COMMISSIONE - Della possibilità di radere al suolo le palazzine si era discusso già lo scorso febbraio nella commissione comunale Lavori pubblici.

Proprio Chessa, assessore ma anche segretario cittadino del Psd'Az, aveva spiegato che "dal 2001 a oggi sono stati sborsati diversi milioni per quegli alloggi e tirarne fuori altri per interventi tampone da ripetere nel tempo è inutile. Buttandoli giù potremmo costruire appartamenti nuovi da 75 metri quadri spendendo 1.000 euro a metro quadrato. Un bel risparmio".

17 ANNI FA - Oggi gli appartamenti hanno facciate e balconi a rischio cedimento, infiltrazioni, facciate deteriorate con ferri a vista e intonaco che cade.

"Spendiamo ogni 12 mesi in media 1,8 milioni di euro in ristrutturazioni", insiste Chessa, "l'edilizia popolare nel tempo ha lasciato sprechi, case piene di muffa. Sono state concepite male. Non si deve sprecare il denaro pubblico e dobbiamo dare dignità ai cittadini. Le famiglie sono sempre più anziane, hanno problemi economici. Già 17 anni fa l'allora ingegnere del Comune suggeriva la demolizione che, compresa la ricostruzione di cento nuove case, sarebbe costata 12 miliardi di lire. Quindi è meglio realizzare abitazioni di scambio e buttare giù le vecchie. Sarebbe come replicare ciò che fu fatto in via Emilia: 30 anni fa le case si allagavano sempre, tra via Abruzzi e via Mandrolisai. Erano state abbattute e ricostruite".

Gli inquilini potrebbero essere provvisoriamente sistemati nell'area ora occupata dalle scuole in via Flumentepido, anche loro da demolire per fare posto a 40 appartamenti di edilizia popolare moderna.

In questo caso i lavori stanno per cominciare: l'impresa è pronta a partire, il costo è di 4,3 milioni di euro.

Andrea Manunza

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