È dalla fine della Prima Repubblica che la politica italiana vive in una bolla, le classi dirigenti sono preda di un sonnambulismo periodico, alternano brevi stati di veglia a un sonno profondo, una dimensione onirica in cui tutto è possibile. Hanno gli occhi aperti, ma sognano. Accade regolarmente a ogni turno elettorale, lo stato di sospensione in aria va avanti per un certo periodo poi, improvvisamente, la realtà "buca" la bolla, si sente uno scoppio fragoroso e si torna tutti sulla terra.

In questo scenario c'è l'Italia, ci siamo noi, c'è la Sardegna che si prepara a votare. Si discute di metanizzazione, di energia, di infrastrutture, investimenti e si sta replicando - purtroppo - un copione che si recita anche a Roma (vedere alla voce alta velocità, energia, reti, grandi opere) nel governo, uno spettacolo di sonnambulismo acuto, non si rendono conto di quanto sta accadendo là fuori.

In poche ore, l'ennesima bolla in cui è immersa la politica è scoppiata. La Germania, paese chiave della crescita europea, ha ridotto all'1 per cento le stime del Prodotto interno lordo (era a +1.8 in ottobre), l'Istat ha certificato l'avvio di un periodo di recessione (Pil a -0.2 per cento, da due trimestri in negativo), l'indice Pmi della manifattura è in rosso (sotto quota 50, a 47.8, segno di contrazione), Bankitalia e Confindustria vedono un 2019 con una crescita dimezzata rispetto alle stime del governo, da +1 a +0.6 e anche meno.

E il mercato dell'auto - settore che il vostro cronista ha sempre sul radar, strategico per la produzione industriale, sismografo della trasformazione tecnologica in corso - ha iniziato l'anno con il freno a mano tirato (immatricolazioni in Italia a -7.5 per cento). Questa è la realtà, inesorabile, puntuale, onesta. Siamo di fronte ai cicli economici, al ripetersi di boom e sboom. Il premier Giuseppe Conte di fronte a questo scenario ha detto: "Sarà un anno bellissimo".

L'ottimismo è una virtù, la sua manifestazione in assenza di un piano economico per la crescita è invece un serio problema. Quel piano non c'è. Il vostro cronista ha già affrontato il tema su queste colonne: il governo ha puntato sulla Protezione e non sulla Produzione. Reddito di cittadinanza e Quota 100 sono una legittima scelta del governo, ma hanno un prezzo alto, un risultato incerto e in questo quadro (di cui non si è voluto tener conto) un impatto certo: rischiano di dividere ancora di più il paese tra produttori (pochi) e assistiti (molti). Senza Produzione non ci sarà mai Protezione. Solo delusione. L'Italia ha 60 milioni di abitanti, tra questi, soltanto 23 milioni lavorano. Sono numeri poco noti, impressionanti.

È un problema che riguarda tutti, maggioranza e opposizione, chi ha governato ieri, chi governa oggi e chi governerà domani. L'Italia era all'ultimo posto della crescita con Gentiloni, ha sprecato l'occasione di un periodo lungo di pax finanziaria e di crescita, di tassi a zero e addirittura negativi, di politica monetaria espansiva e nessuna tensione sul commercio. Invece di riformare l'economia abbiamo contrattato decimali di flessibilità con la Commissione Ue. C'è un'eredità di occasioni buttate, certamente, ma c'è anche un governo che è più che continuista (ha fatto esattamente lo stesso a Bruxelles, scrivendo alla fine la manovra con Juncker, perdendo tempo e bruciando miliardi con lo spread) e non prende atto della realtà mutata (come ha detto anche l'altro giorno il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco), un esecutivo che ha accantonato il piano per la crescita di Paolo Savona, l'unico a Palazzo Chigi ad aver visto chiaramente il punto di caduta di questa storia.

Le premesse dicono che anche il governo Conte sarà il fanalino di coda della crescita in Europa nel 2019, ma in uno scenario di rallentamento globale dell'economia, in piena recessione. C'è solo da sperare che la straordinaria locomotiva americana prosegua la sua straordinaria corsa (304 mila nuovi posti di lavoro in gennaio, l'America First di Trump), che il negoziato sul commercio tra Washington e Pechino vada bene (c'è fiducia), che la Germania non si fermi del tutto. Se uno di questi elementi cade, per l'Italia saranno guai.

E la Sardegna? Anche di questo abbiamo già scritto, ha una posizione e un'occasione: è al centro del Mediterraneo, ha una sua unicità, è una singolarità, è ricca di intelligenza, può intercettare lo spirito del tempo, scegliere la Produzione e crescere, oppure perdere quel tempo e cercare Protezione. Sono due strade, per i sardi solo una è quella della libertà.

Mario Sechi

(Giornalista, direttore di "List")
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