Primavera 2020. Questo è il prossimo appuntamento possibile - e non è detto che sia probabile - per chi vuole aprire la finestra di un voto anticipato.

Il Senato ieri con la fiducia sul decreto sicurezza bis ha deciso di mandare avanti il Governo e anche la legislatura. Viste le cronache di queste settimane, i colpi di clava da fase Antenati, l'happy end può sembrare una sorpresa, ma in realtà ci troviamo di fronte a un fatto banale: i parlamentari non hanno alcuna intenzione di lasciare lo scranno. Per molti di loro si tratta del Bingo della vita, e anche per chi non ha problemi di reddito il nettare del potere è dolce. Si chiama istinto di autoconservazione, si sposa con una cosa che si chiama convenienza politica.

La Lega in questo momento non ha nessuna convenienza nell'anticipare il voto prima della manovra perché si troverebbe nella scomoda posizione di dover scrivere la nuova legge di bilancio da sola e, in ogni caso, non è piacevole ritrovarsi nell'inghippo di dover giustificare una crisi politica in piena pax con i mercati, senza la procedura di infrazione dell'Unione europea.

È vero, i mercati in agosto sono imprevedibili, le tensioni geopolitiche e gli shock esterni sono in agguato, Trump e Xi Jinping giocano pesante (siamo alla guerra della moneta tra dollaro e yen), ma questi sono affari dei titani, al cui cospetto le tensioni tra Cinque Stelle e Lega sono una guerra a freccette tra lillipuziani. Tra i due partiti ci sono incompatibilità che appaiono insuperabili, ma i Cinque Stelle hanno già bevuto in gran quantità l'amaro calice.

Quello della Tav (il premier Conte ha detto che si farà), di Alitalia (dissero no a Atlantia nel capitale della nuova Alitalia, è accaduto il contrario), del gasdotto Tap (doveva svanire e si sarà), dell'ex Ilva (dove chiudere, continua a produrre acciaio) e quando si parlerà di flat tax e legge di bilancio si troveranno a un bivio: dire sì alla Lega o andare al voto e ritrovarsi con un partito con 20 punti in meno. I Cinque Stelle provano a durare sperando in un sottosopra politico, un giro di giostra al contrario della Lega, hanno cavalcato il dossier del Russiagate, speravano in un rovescio di Salvini, il risultato è che la Lega viaggia al 38 per cento nei sondaggi. Si chiama boomerang.

Salvini fa già il premier ombra, oggi vedrà le cosiddette “parti sociali”, un bis di anticipo di manovra al Viminale. E tutti ci vanno, lo incontrano, per la semplice ragione che tutti sanno che è lui quello che dà le carte nel governo. Il leader della Lega corre ad alta velocità, sappiamo che c'è sempre il rischio di andare in testacoda, ma la cronaca è là, a disposizione di chiunque ha il pensiero libero dal pregiudizio: Salvini è l'uomo del momento. Un giorno forse sbaglierà e deluderà i suoi elettori (guardate la parabola di Berlusconi) ma oggi è il politico sul quale punta la maggioranza degli italiani. Il “beach tour” di Salvini, su cui si è esercitato il sarcasmo della presunte classi colte, è l'esempio di un'egemonia pop che dovrebbe far riflettere gli avversari.

Certo, le cubiste. Perbacco, la musica a palla. Cribbio, il drink con il dj. Santi numi, il petto nudo. Cielo, la politica al Papeete beach! Gli imparruccati e gli incipriati dovrebbero scendere dal piedistallo (sul quale ricordiamo che stanno anche le cubiste) e guardare la realtà della politica contemporanea: è cambiato tutto e non è invocando i bei tempi andati (quali poi?) che si cambia la maggioranza. Siamo seri, la politica è sempre stata pop-rock, salamelle, bancone del bar, sala da ballo, fisarmonica, launeddas, passu torrau, festa paesana, processione religiosa con il santino in tasca, passiamo ora da tzia Bonariedda e tziu Boriccu, bevuta allo stazzo e sagra con il cannonau in eccesso fisso.

No, il popolo non è quello dello Yacht Club di Montecarlo. Dite che è trash? Certo, ma i voti non si trovano alle sfilate di “haute couture”. La fiducia al Senato conferma la regola che il potere cerca il potere, che il governo non cade mai facilmente, che lo scettro è difficile da mollare. Nel caso di Salvini, inoltre, ci dice che alla sua irruenza verbale fa da contraltare il politico che sa attendere, che non si fa prendere la mano, che riesce perfino a sfidare la pazienza dei suoi parlamentari che invece premono per il voto anticipato.

Come ogni leader politico che sa fiutare l'aria che tira, sente il battito dell'elettore, attende il momento giusto. Quale? In politica la formula è la seguente: né troppo presto né troppo tardi. Troppo presto potrebbe bruciarlo e lasciarlo con il cerino in mano della crisi di governo; troppo tardi potrebbe esporne il fianco a un voto deludente dopo un periodo di logoramento a Palazzo Chigi. Il Senato ha deciso che si va in vacanza, Salvini proseguirà il suo tour in spiaggia, poi arriverà l'autunno, la legge di bilancio, si mangerà il panettone, in primavera ci saranno le elezioni regionali (e in molte regioni rosse) e ci sarà un'altra finestra per andare a votare. Il né troppo tardi né troppo presto allora (forse) diventerà il tempo giusto. Buone vacanze a tutti.

MARIO SECHI

DIRETTORE DELL'AGI E FONDATORE DI "LIST"
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