Per più di due anni la vita a Mogoro è stata scandita da un semaforo. Uno di quelli volanti, piazzati per imporre il senso unico alternato per 90 secondi.

Non stiamo parlando della Salerno-Reggio Calabria, ma di una provinciale a due corsie lunga qualche chilometro che si inerpica dalla 131 al paese. E viceversa. Il 28 giugno 2016 la consegna dei lavori, da completare in un anno. Il sindaco Sandro Broccia e i suoi 4 mila concittadini hanno perso la voce a forza di chiedere aiuto. E di imprecare.

Il semaforo è stato rimosso ma i lavori no, non sono ancora finiti. E la possibile battaglia legale tra la Provincia di Oristano e l'impresa (è stato rescisso il contratto) non promette nulla di buono. Di sicuro, il semaforo tornerà. E la vita a Mogoro sarà segnata chissà per quanto tempo ancora da un verde e da un rosso.

La campagna elettorale per le regionali si avvia al rush finale (voteremo domenica 24 febbraio), ma il tema della burocrazia e soprattutto dei programmi per limitarne gli effetti collaterali sembra sfuggire a buona parte dei candidati. È gratis dire che la quattro corsie tra Sassari e Alghero si farà. Ma intanto asfalto e segnaletica muoiono in aperta campagna grazie alla solerzia di due funzionari del Governo, davanti ai quali si inchinano la politica, i soldi pubblici, il diritto alla mobilità, lo sviluppo di un territorio. E il buonsenso.

Lo so, gli esempi abbondano in una terra, la nostra, dove Anas e compagnia hanno impiegato cinque anni per aprire, in Gallura, il cantiere nella strada di Monte Pino, venuta giù con quattro cristiani (tre sono morti) sotto l'alluvione del 2013.

Pioggia assassina che portò via alla famiglia un poliziotto a Oloè, tra Oliena e Dorgali. È stato ingabbiato, quel tratto del ponte. Era ora. Ma quando ci passeremo sopra? Certo, avete ragione. Ci sono anche le vergogne della 125, i cantieri infiniti a Massama, gli effetti collaterali della Sassari-Olbia (fate un salto a Berchidda), le buone intenzioni (e basta) tra Cagliari e Pula, a proposito di turismo e di sviluppo. Ci fermiamo qui, con l'impegno di denunciare presto gli altri cento e passa casi, così come abbiamo fatto nei giorni scorsi con la diga di Orgosolo, trent'anni di fuffa - a Cumbidanovu - tra un fallimento e l'altro, con una fotocopia tra le gole di Sarroch, a Monti Nieddu.

Nel nostro Belpaese assistiamo, impotenti, alla battaglia quotidiana dei nostri governanti a colpi di sì e di no, persino su come gestire l'emergenza Xylella, che sta distruggendo (per ora) gli oliveti pugliesi. Al di là delle posizioni, tutte rispettabili, anche se alcune talvolta rischiano di apparire dogmatiche, la sensazione è che sfugga l'obiettivo: gli italiani.

In Sardegna abbiamo venti giorni per decidere chi ci governerà nei prossimi cinque anni. Ci piacerebbe votare con consapevolezza. Magari dopo aver appreso da chi aspira a rappresentarci come intenda evitare altre Mogoro, altre Orgosolo, altre Berchidda. Come intenda, in virtù di un mandato popolare, dare gambe alla "semplificazione".

Ricordando, però, che tra Sassari e Alghero c'è una strada che muore nel nulla anche per le scelte contorte di chi abbiamo mandato a rappresentarci, in via Roma. Ci sono i burocrati, certo, ma anche gli errori - soprattutto - della politica. Ecco, fateci capire.

Emanuele Dessì
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